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GERD: “La grande diga della rinascita etiope”

Giugno 10, 2022

* L’immagine di copertina di questo paper è stata presa dal sito Inside Arabia, consultabile al seguente link: https://insidearabia.com/tensions-with-egypt-and-sudan-could-make-ethiopias-dam-the-curse-of-the-nile/

Introduzione

Fin dalle scuole elementari, studiando l’antico Egitto delle dinastie faraoniche, abbiamo appreso dell’importanza vitale delle piene del fiume Nilo, dello strato di fertilissimo limo lasciato al ritiro delle acque, del conseguente e forte aumento della produzione agricola realizzata nelle vaste aree di terreno adiacenti alle sue sponde. I prodotti agricoli e i pascoli per il bestiame sono stati per millenni fonte di ricchezza per quelle popolazioni, grazie al periodico regalo del più importante fiume africano. E ancora oggi, la maggior parte della popolazione del Paese (circa il 90%) vive concentrata lungo le aree fertili del sacro fiume (incluso il grande delta) e anche i distretti industriali del Paese hanno potuto svilupparsi grazie alla preziosa risorsa idrica fornita dal Nilo.

 Tuttavia, in ragione della sua estensione di oltre 6.852 km, questo maestoso fiume non è solo il più lungo del mondo, ma rappresenta anche un’indispensabile via d’acqua trans-frontaliera, visto che attraversa varie nazioni africane. Dunque, non solo per l’Egitto, ma anche per Sudan, Sud Sudan ed Etiopia esso costituisce da tempo immemorabile una fondamentale risorsa e un’imprescindibile fonte di vita per le popolazioni ivi stanziate. Ed è proprio sull’altopiano d’Etiopia che ha origine il Nilo Azzurro, potente corso fluviale che rifornisce il Nilo del 62% della sua massa d’acqua. Anche per Addis Abeba, evidentemente, il grande fiume rappresenta una fonte di ricchezza non indifferente da molti punti di vista. In particolare, per contrastare la carenza di risorse energetiche il governo etiope ha deciso di compiere un deciso investimento nell’energia idroelettrica: nasce così la GERD, la Great Ethiopian Reinassance Dam, opera la cui realizzazione presenta numerose e delicate implicazioni ambientali e politiche. Approfondiamo di seguito i principali elementi di una questione controversa che coinvolge più attori e si rivela un elemento di estrema valenza strategica.

Fig. 1: La struttura della GERD sul Nilo Blu
https://www.greenstart.it/energia-idroelettrica-per-letiopia-la-diga-gerd-tra-egitto-e-metano-29142

Il sacro fiume per l’Egitto

Come sopra accennato, l’estrema importanza del Nilo deriva certamente dalla sua lunghezza, che lo colloca al primo posto nella scala mondiale (seguito dal Rio delle Amazzoni con 6.180 km.), ma anche per il suo indiscutibile contributo nelle economie delle regioni che attraversa. Quando si parla genericamente del Nilo ci si riferisce per lo più al tratto egiziano del fiume che sfocia poi nel Mare Mediterraneo. In realtà esso è formato dalla confluenza del Nilo Bianco e del Nilo Azzurro, che si incontrano nella capitale sudanese, Khartum. Il primo è emissario del lago Vittoria, che lambisce i territori del Kenia, della Tanzania e dell’Uganda, mentre il secondo discende dal Lago Tana, situato nella regione montagnosa dell’Etiopia. Naturalmente, il Nilo è anche alimentato da numerosi corsi d’acqua di tutto rispetto provenienti da regioni relativamente lontane, tra cui, con riferimento al Nilo Bianco, alcuni affluenti del Kagera, principale immissario del Lago Victoria. È in questa regione di difficile accesso che nel corso della metà del secolo Diciannovesimo hanno avuto luogo ripetute e avventurose spedizioni alla ricerca delle sorgenti del Nilo.

Fig. 2: Punto esatto di confluenza tra Nilo Bianco e Nilo Azzurro
https://www.aramcoworld.com/Articles/March-2018/Khartoum-A-Tale-of-Two-Rivers

Oltre che per i positivi effetti sulla produzione agricola, il Nilo costituisce per l’Egitto moderno un’altra ingente fonte di ricchezza, proveniente dal turismo e, più in generale, dalla navigabilità del fiume. Anche se il fluido scorrimento è in vari punti ostacolato da cataratte, zone di acque poco profonde, isolotti e strutture rocciose, la navigazione sul fiume continua a costituire una voce di tutto rispetto per l’economia egiziana, con particolare riguardo alle crociere turistiche sul Nilo e al trasporto di merci e materie prime tra le varie città, tra cui risaltano Khartoum, Assuan, Luxor e la metropoli del Cairo. La navigazione è anche sostenuta dai venti che, soprattutto in inverno, soffiano verso sud incanalandosi nella valle, mentre verso nord le imbarcazioni sono aiutate dal naturale scorrere della corrente. Naturalmente, va evidenziato che anche il settore turistico legato alla navigazione sul Nilo ha recentemente subito gravi perdite, in ragione della crisi sanitaria mondiale dovuta all’infezione da Covid-19, così come in anni precedenti un crollo del flusso turistico si era verificato a seguito di attentati terroristici di natura islamista.

Fig. 3: Feluche sul Nilo
https://www.travelworld.it/egitto-assuan-dove-il-nilo-crea-la-vita/

La diga e le ragioni dell’Etiopia

Abbiamo visto come il Nilo abbia da sempre costituito una specie di linfa vitale per gli Egiziani che, in passato, avevano addirittura sviluppato un calendario basato sulle periodiche inondazioni del fiume. Ma non possiamo ignorare l’importanza che il Nilo azzurro, il braccio di fiume che scorre in Etiopia, riveste per Addis Abeba. Appaiono infatti ben difendibili anche le ragioni di questo Paese che, attraverso la costruzione della grande diga, prevede di riuscire a produrre energia elettrica in quantità molto significativa sia per il proprio sviluppo economico che nella prospettiva di poterne esportare un’ingente quota.

Si racconta da lungo tempo del potere attribuito ai sovrani etiopi di deviare il flusso del Nilo Azzurro provocando carestie in Egitto. Già nel 1958 l’ultimo imperatore etiope, Haile Selassie I, prospettava la costruzione di una diga sul Nilo Azzurro, ma solo nell’ aprile del 2011, con l’avvio dei lavori della GERD, tali timori da parte di Egitto e Sudan si sono concretizzati. Questa grande opera, che sbarra il Nilo Azzurro non lontano dalla frontiera con il Sudan, nella regione occidentale dell’Etiopia, costituisce per grandezza la settima diga al mondo e comunque la più grande del continente africano. Le sue dimensioni sono infatti imponenti: alta 155 metri e larga 1.780, la GERD include un invaso di circa 74.000 metri³ che copre una superficie di 1.874 km² (possiamo immaginare uno spazio superiore alla metà della regione italiana Valle d’Aosta). Realizzata dall’impresa italiana Salini Impregilo Costruttori (oggi We Build), la struttura, così come l’energia prodotta, appartiene allo Stato etiope, che ha finanziato l’opera attraverso un investimento molto rilevante, di circa tre miliardi di dollari. Tuttavia, anche alcune banche facenti capo allo Stato cinese, particolarmente attivo nella realizzazione di infrastrutture in Africa[1], hanno preso parte al finanziamento con 1.8 miliardi di dollari, portando il complessivo costo dell’opera a quasi 5 miliardi di dollari. Il suo funzionamento, completato al momento all’84%, è basato sulla potenza di 16 turbine, in grado di generare ogni anno 16.153 Gigawattora, con una potenza massima di 5.150 Megawatt.

Fig. 4: L’imponente struttura della GERD vista dall’alto
https://www.powermag.com/tensions-intensify-as-ethiopia-readies-to-start-gerd-mega-dam-turbines/

Il riempimento dell’invaso richiederà ancora tempi lunghi, ma va considerato che con la GERD, l’Etiopia potrà soddisfare il proprio fabbisogno energetico producendo energia pulita, la quale potrà essere rivenduta anche a Egitto, Sudan, Uganda e a Djibouti.

Oltre ai benefici energetici, anche l’effetto indotto appare considerevole, dal momento che per la realizzazione dell’opera sono state impiegate circa 10.000 persone ed è stato valutato che, quando l’invaso sarà sufficientemente pieno, sarà possibile produrre annualmente tra le 6.000 e le 7.000 tonnellate di prodotti ittici, nonché generare una significativa attrazione turistica. L’esigenza di nuova energia, d’altra parte, va messa in relazione anche alla crescita demografica registrata in Etiopia. La popolazione, che ammonta ad oggi a oltre 117 milioni, fa registrare un tasso di crescita dello 2.5 %, non in linea con la richiesta di energia, necessaria anche per la produzione di prodotti agricoli e industriali. In definitiva, pare che Addis Abeba abbia ben valutato la convenienza sotto questo profilo, poiché prima della realizzazione della GERD il potenziale idroelettrico del Paese era sfruttato solo intorno all’8%.

Come in altri casi già analizzati da AB AQUA, la realizzazione di un’opera idraulica delle dimensioni della GERD produce certamente alcune preoccupazioni sotto il profilo della sostenibilità ambientale e sociale. La produzione di energia pulita, infatti, non ovvierà alle importanti problematiche legate all’irreversibile modifica dell’ambiente e della sua biodiversità. La trasformazione della valle in un vastissimo lago non potrà che avere effetti pesanti sulle popolazioni che la abitavano in precedenza e che in varie aree la coltivavano, ora costrette ad abbandonare i luoghi delle proprie tradizioni. Altrettanto importante è l’impatto che la creazione dell’invaso avrà su flora e fauna locali. Su tale problematica persiste un dibattito tra esperti internazionali, poiché se gli effetti economici del progetto GERD sono abbastanza evidenti, gli impatti negativi sull’equilibrio ambientale sembrano essere stati presi in minore considerazione, con una pianificazione non sufficiente, priva della necessaria sinergia tra le autorità centrali e quelle locali e, soprattutto, della partecipazione dell’opinione pubblica.

Se i timori da anni rappresentati dall’Egitto sembrano avere un fondamento obiettivo e sono comprensibili le rimostranze verso Addis Abeba in relazione alla realizzazione dell’opera, va però notato che la stessa dirigenza egiziana è ben consapevole del fatto che per la medesima ragione, cioè la produzione di energia elettrica, anche in Egitto furono a suo tempo costruite varie dighe. Tra queste, vanno ricordate quelle di Ziftah, Assiout, Hammadi, Esna e, soprattutto, le due grandi infrastrutture di Assuan, la cui realizzazione, negli anni Settanta rese necessario lo spostamento di vari templi, tra cui quello notissimo di Abu Simbel che, altrimenti, sarebbero stati sommersi dalle acque del lago Nasser. Peraltro, questa esigenza imperativa di aumentare la produzione di energia idroelettrica anche nel Paese dei Faraoni ha fortemente limitato le inondazioni del fiume e il susseguente deposito del fertile limo, con vari effetti critici, tra cui la necessità di utilizzare fertilizzanti chimici con un forte effetto inquinante per il terreno e per lo stesso Nilo.

Fig. 5: Il lungo corso del Nilo Bianco e Azzurro e il sito della GERD etiope
https://www.insightsonindia.com/2020/03/20/insights-into-editorial-a-dam-of-contention-in-africa/

Disputa, controllo delle acque e negoziati

Nessuno ha mai messo in dubbio il fatto che il Nilo costituisca da sempre la principale fonte di acqua per Egitto e Sudan, di cui soddisfa il 90% della domanda interna; per questa ragione, esso riveste un carattere altamente strategico. Al fine di regolamentare la gestione delle acque del fiume, nel 1929 e nel 1959 i due Stati firmarono degli accordi dei quali, tuttavia, non era parte l’Etiopia. Evidentemente, il progetto GERD e l’avvio dei lavori nel 2011 hanno conferito ad Addis Abeba un ruolo primario nella questione che ha necessariamente richiesto e provocato un acceso dibattito fra i tre Stati maggiormente interessati dalla realizzazione dell’opera: Etiopia, Egitto, Sudan. Tutto sommato il Sudan, benché coinvolto, non ha espresso grandi obiezioni alla costruzione della diga. Al contrario, l’Egitto non ha mancato di manifestare gli antichi timori di dovere dipendere dall’Etiopia per l’approvvigionamento di acqua. Nel corso del successivo decennio si sono susseguite fasi alterne, caratterizzate da trattative, spesso forti tensioni (e talvolta persino velate minacce), circostanze che nell’aprile 2021 hanno condotto le tre parti ad una sospensione dei negoziati.

Va ricordato che già nel 2010 era stata raggiunta un’intesa, ad Entebbe (Uganda), che individuava un criterio di sfruttamento delle acque del fiume basato sul numero di abitanti, sulle condizioni climatiche, nonché sulle esigenze economiche dei vari Paesi interessati, tra cui anche Burundi, Ruanda, Tanzania, Uganda e Kenya. Ma tale proposta non ebbe alcun reale seguito.

Al di là dei timori per l’evidente e descritta dipendenza dalle decisioni etiopi in merito alla gestione dell’acqua del fiume, tra le ragioni di irritazione dell’Egitto e del Sudan (ma più dell’Egitto) figurava fin dall’inizio della vicenda il fatto che nel 2011 Addis Abeba avesse dato inizio ai lavori della diga senza previa comunicazione ai vicini interessati e coinvolti dagli effetti del progetto. In particolare, negli ultimi anni i governi di Addis Abeba e Il Cairo si sono accusati reciprocamente di non rispettare le norme internazionali sulla gestione e lo sfruttamento dell’acqua del Nilo. L’Egitto ha sostenuto che un progetto come la diga non potesse essere realizzato senza il suo consenso, a causa dei due (citati) accordi internazionali con il Sudan, uno risalente al 1929, durante l’età coloniale, e l’altro al 1959: il primo dà all’Egitto il potere di veto sulla costruzione di infrastrutture lungo il corso del Nilo; il secondo stabilisce che all’Egitto spetti circa il 66 % delle acque del Nilo, e il 22 % al Sudan.

Il governo etiope ha però replicato di non riconoscere gli accordi, dato che – come abbiamo detto – furono firmati senza coinvolgere l’Etiopia, e di avere quindi il diritto di sviluppare il proprio progetto (d’altra parte è difficilmente sostenibile che un Paese debba essere vincolato da un accordo che non ha sottoscritto). Nel 2010 Addis Abeba si era accordata con gli altri Paesi in cui è diviso il bacino del Nilo – Egitto e Sudan esclusi – per realizzare progetti lungo il fiume anche senza il consenso egiziano. Inoltre, l’Etiopia ha sempre sostenuto che la nuova diga non avrà alcun impatto sulla quantità d’acqua che arriverà all’Egitto, contrariamente a quanto temuto dagli Egiziani.  Questa diatriba ha inevitabilmente innescato crisi diplomatiche tra i tre Paesi, generando anche tensioni nell’intera regione del Corno d’Africa, già resa instabile per via della crisi del Tigrai, della transizione verso la democrazia del Sudan e della guerra civile in Sud Sudan.

Addis Abeba si trova certamente in una posizione di grande vantaggio e non è pertanto sorprendente che, alla luce della descritta importanza che storicamente il Nilo riveste per il Paese dei Faraoni, proprio Il Cairo abbia dovuto fare un passo conciliatorio, manifestando maggiore interesse per la definizione di una gestione delle acque concordata e condivisa, mostrandosi ragionevolmente parte più attiva e chiedendo la ripresa urgente delle trattative relative alla Grande Diga della Rinascita sul Nilo Azzurro, al fine di giungere ad un accordo equo e favorevole al mutuo interesse. Il Primo Ministro egiziano, Mustafa Madbouly, infattiha recentemente ribadito attraverso un comunicato ufficiale la volontà di ristabilire un tavolo di confronto con Addis Abeba, dichiarando che “l’Egitto desidera riprendere il prima possibile i negoziati, con lo scopo di accelerare la risoluzione delle controversie tecniche e giuridiche per pervenire ad un accordo giusto, equilibrato ed equo, tenendo in considerazione la scarsità d’acqua in Egitto e la sua dipendenza, principalmente rispetto alle acque del Nilo”. Dopo un intenso lavoro delle rispettive cancellerie diplomatiche, nonché a seguito di ripetuti inviti anche da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, i due premier di Egitto (Al Sisi) ed Etiopia (Abiy Ahmed) hanno firmato nel giugno 2021 un accordo per una più stretta e proficua collaborazione.

Conclusioni

Nel febbraio scorso, il Primo Ministro etiope, Abiy Ahmed, ha dunque spinto l’interruttore per avviare le turbine che danno forza alla prima fase del progetto GERD, cosicché Addis Abeba ha iniziato a produrre energia elettrica attraverso il suo controverso e imponente impianto idroelettrico. Le lunghe querelles diplomatiche con i due Paesi situati a valle del bacino del Nilo sembrano per il momento essere state messe da parte, ma non sono davvero superate, in quanto non è venuto meno l’elemento principale del caso e cioè il ragionevole timore di Khartum e Il Cairo che il progetto GERD possa, sia pure parzialmente, ridurre le loro risorse idriche, almeno fino al riempimento dell’invaso sul Nilo Azzurro. I momenti di stallo dei negoziati, d’altra parte, riguardavano proprio questo aspetto, perché Il Cairo richiedeva tempi di riempimento del bacino idroelettrico di almeno sette anni, in modo da ricevere ogni anno almeno quaranta miliardi di metri cubi d’acqua, mentre Addis Abeba riteneva congruo un periodo di tre anni, al fine di non ritardare troppo i propri piani di sviluppo.

Abbiamo anche considerato le difficoltà dell’Etiopia sotto il profilo della maggiore esigenza di energia, in questo caso idroelettrica, necessaria a fini agricoli, per uso civile da parte della popolazione, per l’impiego industriale e in definitiva per lo sviluppo del Paese. L’Etiopia, infatti, è il secondo Paese più popoloso del continente africano e, secondo studi effettuati dalla Banca Mondiale, anche quello che fa registrare il secondo più grande deficit di energia elettrica.  Circa due terzi della popolazione non dispone di collegamento alla rete elettrica e, per citare le parole del Primo Ministro: “il principale interesse dell’Etiopia è portare la luce al 60% della popolazione che soffre nel buio e risparmiare il lavoro delle nostre madri, che portano legna sulle loro spalle per potere avere un po’ di energia”.

AB AQUA ha già affrontato in precedenti scritti alcuni aspetti, tra cui quello giuridico, della questione dei fiumi trans-frontalieri[2]. Anche il caso della GERD ripropone l’esigenza di una regolamentazione sovranazionale che, in ragione dell’enorme valenza strategica dei corsi d’acqua, non lasci al singolo Stato l’iniziativa unilaterale e indiscutibile di fare uso delle acque dei fiumi che attraversano il suo territorio, per il solo fatto che questo si trovi a monte di altri Paesi.

Anche a questo riguardo, è comunque utile ricordare che qualcosa si muove nell’ambito della Comunità internazionale e del Diritto internazionale pubblico. Una delle tematiche di interesse previste nel contesto delle varie Conferenze Internazionali sull’acqua in ambito ONU previste per il 2022 e 2023, concerne infatti proprio le acque trans-frontaliere, anche underground, con l’obiettivo di individuare formule equilibrate da poter condividere, e possibilmente inserire nel Diritto internazionale codificato, al fine di ridurre al massimo le tensioni e i conflitti, lasciando ai popoli che vivono sui corsi d’acqua la possibilità di trarne vantaggio e la serenità di poterli considerare ancora i “loro fiumi”. Non dimentichiamo, infatti, che proprio sui fiumi sono nate le più grandi città e le più antiche civiltà.


[1] Il Centro Studi AB AQUA si è già diffusamente occupato dell’interesse cinese in Africa per ciò che concerne questioni idro-diplomatiche. Per maggiori dettagli si rimanda a: L’Idro-diplomazia come strumento di politica estera: il caso cinese della Sinohydro Corporation, disponibile al seguente link: https://abaqua.it/lidro-diplomazia-come-strumento-di-politica-estera-il-caso-cinese-della-sinohydro-corporation/.

[2] Maggiori dettagli su questa materia sono consultabili presso alcuni studi presenti nel nostro sito. I titoli sono “La navigazione nel bacino idrografico del Rio delle Amazoni” e “Il grande valore idro-strategico del Tibet”, rispettivamente ai seguenti link: https://abaqua.it/la-navigazione-nel-bacino-idrografico-del-rio-delle-amazzoni/ e https://abaqua.it/il-grande-valore-idro-strategico-del-tibet/.

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