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Idro-strategia: un nuovo approccio alla risoluzione delle crisi idriche

Marzo 6, 2023

* Questo paper è stato pubblicato originariamente sul sito di Silvae, la rivista tecnico-scientifica ambientale dell’Arma dei Carabinieri. A questo link è possibile consultare la pubblicazione originale. L’immagine di copertina è stata presa dal sito Uninuoro, consultabile al seguente link.

Una crisi idrica rappresenta forse l’evento più traumatico che una comunità di individui stanziati su un determinato territorio possa affrontare. Questo perché l’acqua – o meglio la mancanza di acqua – ha un impatto devastante non solo sulla sfera personale, ma soprattutto su quasi tutti i settori produttivi afferenti alla collettività che, suo malgrado, si trova alle prese con difficoltà di approvvigionamento idrico. Infatti, oltre ad essere indispensabile per le nostre attività quotidiane – ovvero cucinare, bere e lavarsi – il cosiddetto “oro blu” è presente a vari livelli in moltissimi processi produttivi che spesso non vengono associati all’impiego di risorse idriche. A tal proposito, si pensi ad esempio alla produzione di energia nucleare. Esistono dei reattori denominati ad “acqua leggera” (Light Water Reactors) che sono moderati e refrigerati tramite l’ausilio di acqua appunto. Ideati inizialmente per essere impiegati nella propulsione navale a causa delle loro ridotte dimensioni e dell’assenza di problemi del movimento del fluido nel recipiente in pressione durante la navigazione, questi reattori impiegano moltissime molecole di H2O in fase di refrigerazione. Ancora, si pensi a quanto l’impiego della risorsa idrica sia determinante negli ospedali, nelle cliniche odontoiatriche, negli alberghi, nei ristoranti, nella produzione industriale e in agricoltura.

Fig. 1: Funzionamento tecnico e distribuzione energetica dell’elettricità prodotta da un Light Water Reactors
https://en.wikipedia.org/wiki/Light-water_reactor

Secondo uno studio pubblicato da World Water Development Report[1], oltre metà della forza lavoro di tutto il mondo è occupata in otto settori dipendenti da acqua e risorse naturali: agricoltura, settore forestale, pesca, energia, industria manifatturiera ad alta intensità di risorse, riciclaggio di rifiuti, edilizia e trasporti. Sempre secondo lo studio, sono fortemente dipendenti dall’acqua più di 1,4 miliardi di posti di lavoro, pari al 42% del totale della forza lavoro mondiale. Si stima, inoltre, che 1,2 miliardi di posti di lavoro, pari al 36%, hanno un livello medio di dipendenza dall’acqua. In pratica, il 78% dei posti di lavoro in cui è occupata la forza lavoro globale dipende dall’acqua. Ciò significa, in sostanza, che in una situazione di crisi idrica la carenza d’acqua e gli ostacoli all’accesso alla risorsa potrebbero limitare fortemente non solo l’attività quotidiana ma la tenuta economica di un’intera comunità.

Fig. 2: Un lavoratore alle prese con la gestione di un flusso idrico
https://www.bls.gov/careeroutlook/2017/article/water-utility-jobs.htm

Difficoltà di approvvigionamento idrico. Le principali macro-cause

I dati ci dimostrano dunque quanto sia interconnesso il rapporto tra produzione, crescita economica e approvvigionamento idrico. Numerosi sono i fattori che oggi – e presumibilmente anche in futuro – contribuiranno a rendere tale approvvigionamento sempre più problematico. Innanzitutto, si prenda in considerazione il costante aumento delle temperature terrestri. Nell’ultimo secolo, il surriscaldamento globale (Global Warming, GW) ed il cambiamento climatico (Climate Change, CG)[2], hanno fortemente influito sul volume delle precipitazioni, sull’aumento dei casi di siccità a livello globale e sulla progressiva estensione del preoccupante fenomeno legato alla desertificazione[3].

In aggiunta, si consideri il notevole incremento degli abitanti terrestri. Stando ai dati forniti da YouTrend, popolare sito di statistica, la popolazione mondiale oggi è pari a otto miliardi di persone[4]. Sono servite decine di migliaia di anni per arrivare a un miliardo di persone e “solo” duecento anni per passare da 1 a 8 miliardi. In sostanza, dunque, nel corso degli ultimi 200 anni la popolazione mondiale è aumentata dell’800%. Numeri strabilianti che certificano il progresso della specie umana in molti campi, su tutti quello sanitario. Prevedibilmente, la crescita massiccia del numero di persone da qui ai prossimi decenni comporterà numerosi problemi relativi allo stress idrico. Quest’ultimo, in maniera del tutto presumibile, non farà altro che aumentare in futuro, fino ad arrivare ad interessare quasi tutte le nazioni in cui si sperimenterà una cospicua crescita di popolazione. In conseguenza di ciò, da una condizione di stress relativo all’approvvigionamento di acqua si passerà molto verosimilmente ad una condizione di deficit idrico, ovvero ad una vera e propria mancanza di risorsa che comporterà enormi disagi a molti milioni di individui[5].

Fig. 3: Campo agricolo affetto da un preoccupante caso di deficit idrico
https://magazine.windtre.it/news-ecologia-sostenibilita/litalia-e-deficit-idrico

Infine, occorre prendere in considerazione la progressiva urbanizzazione di massa che caratterizzerà intere aree del nostro pianeta. Già oggi esistono realtà in cui la densità abitativa mette a dura prova la tenuta idro-ambientale di molti territori. Si pensi, ad esempio, alle numerose metropoli indiane o subsahariane, in cui in poche decine di chilometri quadrati risiedono molti milioni di individui in condizioni spesso precarie[6]. Questi enormi agglomerati urbani, destinati a moltiplicarsi in futuro soprattutto in Asia e Africa, mettono a dura prova l’approvvigionamento idrico sia per bisogni primari/personali, sia in ottica produttiva. Non è certo un caso, a tal riguardo, che proprio in due metropoli africane e indiane – Città del Capo 2018 e Chennai 2019 – si siano recentemente verificate due delle più severe crisi idriche della storia moderna.

Idro-strategia. Una possibile soluzione?

I tre macro-fattori sopracitati – innalzamento delle temperature, crescita esponenziale della popolazione e progressiva urbanizzazione di massa – contribuiranno senza dubbio ad una costante erosione delle risorse idriche globali. Pur evitando di adottare una visione allarmistica dell’odierna situazione, non si può fare a meno di notare quanto già oggi si stiano verificando preoccupanti casi di tensione tra Stati impegnati in aspre contese per l’accaparramento dell’acqua. Sono numerosi i focolai di conflitto: si pensi, ad esempio, alle tensioni tra Egitto ed Etiopia in seguito alla costruzione della diga GERD (Great Ethiopian Renassaince Dam) voluta da Addis Abeba[1], al ruolo di hydro power giocato dalla Turchia in Medio Oriente proprio in virtù dell’abbondanza idrica su cui può contare Ankara o all’aggressività cinese in Asia a causa del controllo esercitato da Pechino sul Tibet, immenso deposito di “oro blu”. Già attualmente, quindi, l’acqua risulta motivo di forti contrasti tra vari player sulla scena internazionale. Le conseguenze dei cosiddetti water conflicts – guerre dell’acqua – contribuiscono ad aumentare l’insicurezza regionale in molte parti del mondo e ad incrementare grandemente il numero dei migranti climatici.

Il principale motivo di tale situazione risiede nell’approccio eminentemente disinteressato con cui Stati, organizzazioni internazionali e policy makers trattano il tema dell’approvvigionamento idrico. L’accesso all’acqua e la tutela della risorsa idrica raramente vengono posti al centro di agende e dibattiti, e se ciò si verifica viene fatto in via meramente accessoria. La lotta al cambiamento climatico, la riduzione di CO2, la salvaguardia degli oceani, la riduzione dell’inquinamento e altre tematiche ambientali sembrano sempre un passo avanti alla questione che più di tutte dovrebbe interessare il genere umano: la tutela dell’acqua, risorsa primaria per eccellenza. L’acqua appare essere “figlia di un dio minore”, bene necessario ma troppo spesso dato per scontato, non infinito e foriero di gravissimi conflitti, presenti e futuri. Con questa consapevolezza, dunque, è opportuno dedicare all’acqua la giusta attenzione, inserendola al centro delle dinamiche umane e politiche che regolano i rapporti tra Stati. Alla luce di ciò, risulta quanto mai impellente adottare un approccio accademico-scientifico che metta al centro del dibattito l’acqua come soggetto e non come accessorio o mezzo per raggiungere un determinato fine. È tempo, dunque, di elaborare nuove discipline che studino l’acqua e le sue interazioni sociopolitiche, economiche ed ambientali da un punto di vista strategico. In una parola: idro-strategia.

Tale nuova materia e le sue ramificazioni sui settori politico, economico e finanziario, saranno estremamente rilevanti nei prossimi anni. Lo studio dell’idro-strategia richiede un’analisi multi-scala, che impiega diverse discipline: economia, finanza, sociologia, diritto internazionale, geopolitica, storia delle relazioni internazionali e salute pubblica. Tutti questi elementi combinati devono essere presi in seria considerazione per sostenere le prossime generazioni nell’affrontare le questioni legate all’acqua e ai conflitti idrici. Nuove sfide si profilano all’orizzonte: come detto, le tensioni tra gli Stati per il controllo delle risorse sono già una pericolosa realtà in diverse parti del mondo, così come le strategie nazionaliste messe in atto da vari Paesi volte all’acquisizione di risorse idriche a danno dei popoli vicini. L’idro-strategia sta progressivamente emergendo, dunque, come indispensabile disciplina scientifica, trovando il suo spazio spinta dai crescenti costi economici e ambientali dello sviluppo di nuove forniture energetiche, dall’intensificarsi dei conflitti tra nuovi e vecchi attori e dalla crescente importanza della qualità dell’acqua per i bisogni umani fondamentali.

Idro-strategia applicata allo studio delle Scienze Forestali. Possibili punti di intersezione

Da un punto di vista ambientale, l’idro-strategia ha dei risvolti molto evidenti, soprattutto se applicati allo studio delle Scienze Forestali. L’analisi delle interazioni tra acqua e foreste, che rappresentano da sempre un binomio inscindibile, potrebbe essere decisamente utile nel prossimo futuro caratterizzato da stress e deficit idrico. In un articolo pubblicato nel 2009 dal titolo How Forests Attract Rain: An Examination of a New Hypothesis,gli autori Douglas Sheil e Daniel Murdiyarso hanno teorizzato quanto la presenza di foreste sia propedeutica al volume delle precipitazioni in un determinato territorio. Secondo i due autori, c’è una diretta correlazione tra la quantità di pioggia che cade su una regione e il numero di alberi che vi risiedono. Ribaltando la concezione tradizionale che prevede la presenza di rigogliose foreste a causa di forti precipitazioni, Sheil e Murdiyarso sostengono che, al contrario, la pioggia cade proprio in virtù del grande numero di alberi presenti in una determinata area. Questo perché, secondo gli studiosi, una massiccia concentrazione di vegetazione favorirebbe l’aggregazione di umidità e, di conseguenza, la formazione di nubi. Nella loro visione, se la foresta è situata in prossimità delle coste, gli alberi fungono da polo attrattivo per le correnti marine ed oceaniche; se, invece, i boschi sono localizzati più internamente, si avrebbe un accumulo di moist atmosphere (atmosfera umida) che faciliterebbe l’aumento di precipitazioni piovose.

L’articolo di Sheil e Murdiyarso contiene degli elementi di indubbia innovazione nell’approccio allo studio dell’acqua e delle foreste. Per molto tempo si è ritenuto che in determinate aree del mondo – Amazzonia, Borneo, Congo ecc… – le forti piogge causassero la crescita rigogliosa della vegetazione. In realtà, il paradigma proposto dai due studiosi prevede che siano gli alberi ad attrarre la pioggia e non viceversa. Si segnala, per amor di verità, che per ammissione degli stessi autori il meccanismo che regola il rapporto tra precipitazioni e crescita vegetativa non è molto chiaro nonostante decenni di accurata ricerca: “Despite considerable research, the mechanisms determining global climate remain poorly understood[7]. Nondimeno, le teorie proposte da Sheil e Murdiyarso consentono di adottare un nuovo approccio verso vari temi ambientali tra cui, ad esempio, quello della desertificazione. Questo fenomeno, sempre più in crescita purtroppo non solo in aree remote del pianeta ma anche in alcune regioni italiane, può essere arrestato sostanzialmente in due modi:

1) Favorire la concentrazione di umidità atmosferica che limiti quanto più possibile l’erosione di boschi e vegetazione.

 2) Piantare numerosi alberi che contrastino la progressiva perdita di foreste.

Con l’approccio teorizzato dai due studiosi sopracitati, la piantumazione degli alberi avrebbe il duplice effetto di limitare la superfice di terreno sottoposta a deforestazione e di aumentare la possibilità di precipitazioni piovose. A tal proposito, si pensi ai grandi effetti benefici che la Great Green Wall (Grande Muraglia Verde) avrà in Africa. Si tratta di una pionieristica iniziativa condotta nell’ambito della lotta agli effetti indotti dal cambiamento climatico globale e dalla desertificazione. Centinaia di milioni di alberi verranno piantati durante i prossimi anni nelle propaggini meridionali del deserto del Sahara per limitare la preoccupante erosione di terreno fertile verificatasi negli ultimi lustri. Con l’incremento del numero di alberi si spera di limitare i preoccupanti casi di siccità tramite maggiori precipitazioni. Si tratterebbe, in sostanza, di una sorta di “induzione di precipitazioni” attraverso l’estensione della superfice boschiva localizzata nel Sahel africano.

Un altro aspetto interessante che merita di essere approfondito nel rapporto acqua-Scienze Forestali riguarda l’interazione tra ingegneria idraulica (dighe, in particolare) e ambiente boschivo. La costruzione di dighe e centrali idroelettriche svolge un ruolo molto importante nella produzione di hydropower. La forza cinetica dell’acqua, se sapientemente sfruttata, è in grado di garantire la produzione di elettricità ecosostenibile e potenzialmente infinita. Tuttavia, spesso le dighe – soprattutto se di grandi dimensioni – apportano delle modifiche irreversibili ad intere regioni ed ecosistemi. Quando si devia o si altera artificialmente il corso di un fiume le conseguenze non sono del tutto prevedibili, per quanto al giorno d’oggi vengano fatti studi molto accurati. Quali sono gli impatti della produzione massiccia di energia idroelettrica per un territorio boschivo? Se la foresta interessata dalla costruzione della diga è sottoposta alla giurisdizione di Stati diversi quali sono le regole da rispettare? Se il corso d’acqua su cui viene costruita una centrale idroelettrica ha natura trans-frontaliera come si gestiscono i rapporti tra i governi coinvolti? Per rispondere a tali quesiti, spesso di non facile interpretazione, è opportuno affidarsi all’idro-strategia, disciplina che fonda la propria ragion d’essere, tra le altre, nella valutazione degli impatti strategici legati a questioni idriche.

Conclusione

Le crisi idriche rappresenteranno in futuro le principali minacce sociopolitiche per moltissime comunità. Alla luce del recente passato, anche per ciò che concerne il nostro Paese, non è questione di “se” ma di “quando” avremo a che fare con la prossima crisi da approvvigionamento idrico. Le strategie per limitare tali nefasti eventi sono varie, incentrate principalmente su prevenzione e programmazione. Senza dubbio, il ruolo giocato dalle foreste nel contenimento di freshwater crises è determinante. Più alberi significa, sostanzialmente, maggior volume di precipitazioni e quindi più acqua a disposizione per far fronte ad eventuali e quanto mai plausibili casi di deficit idrico.

Alla luce di ciò che ci aspetta, sarebbe opportuno aumentare l’interazione tra idro-strategia e Scienze Forestali sia sotto il profilo accademico/scientifico, sia da un punto di vista empirico. Le due materie, come poc’anzi accennato, vanno di pari passo sotto molteplici aspetti e potrebbero essere utilizzate per prevenire molte crisi in futuro. Come testimoniato nell’articolo di Sheil e Murdiyarso, una foresta rigogliosa e in buona saluta rappresenta un naturale polo d’attrazione per l’umidità atmosferica. Quindi, oltre a contrastare la proliferazione di emissioni di carbonio nocive per l’atmosfera, gli alberi avrebbero un’importantissima funzione nel favorire l’aggregazione di nuvole. Questo secondo aspetto non va sottovalutato, soprattutto nell’attuale situazione climatica in cui sovente si verificano casi di scarse precipitazioni a varie latitudini del pianeta.

Una maggior comprensione dell’idro-strategia applicata alle Scienze Forestali può apportare dei notevoli benefici nella lotta alle crisi idriche. Dal momento che nuove sfide si profilano all’orizzonte, occorre adottare nuovi approcci teorici e pratici. La situazione italiana, a tal riguardo, rappresenta un caso di studio tristemente utile. Fino a pochi anni fa, il Belpaese non aveva sperimentato particolari momenti di siccità o di stress idrico. Nell’ultimo decennio, invece, l’Italia ha vissuto già tre crisi idriche di medio-alta entità. Lo scenario ambientale cambia costantemente. Appare quanto mai evidente, dunque, prendere in considerazione diverse soluzioni per far fronte problemi di diversa natura.

Riferimenti Bibliografici

  • Bhagwat S., 2009, Biodiversity and Climate Change, in “American Association for the Advancement of Science (AAAS)”.
  • Biswas A. K et al., 2019, Water crisis and water wars: myths and realities, in “International Journal of Water Resources Development”, Vol. 35 Issue 5, 2019, pp. 727-731.
  • Boelens R., 2021, Environmental justice movements in globalizing networks: a critical discussion on social resistance against large dams, in “The Journal of Peasant Studies”, Issue 5 Vol. 48, pp. 1008-1032.
  • Natali R., 2022, GERD: “La grande diga della rinascita etiope”, in “AB AQUA – Centro Studi Idrostrategici / www.abaqua.it”.
  • Schetke S. et al., 2012, Towards sustainable settlement growth: A new multi-criteria assessment for implementing environmental targets into strategic urban planning, in “Environmental Impact Assessment Review”, 2012, Vol. 32, pp. 195-210.
  • Sheil D. & Murdiyarso D., 2009, How Forests Attract Rain: An Examination of a New Hypothesis, in “BioScience”, Vo. 59, pp. 341-347.
  • Verre F., 2021, La crisi idrica di Città del Capo (2018): una lezione da non dimenticare, in “AB AQUA – Centro Studi Idrostrategici / www.abaqua.it”.
  • Verre F., 2022, La crisi idrica di Chennai (2019). Un’emergenza nazionale indiana, in “AB AQUA – Centro Studi Idrostrategici / www.abaqua.it”.
  • Verre F., 2022, La crisi idrica italiana: cause, scenari, soluzioni, in “AB AQUA – Centro Studi Idrostrategici / www.abaqua.it”.

[1] Acqua: rapporto Onu, 3 lavori su 4 dipendono dalla risorsa idrica, in “AdnKronos”, 22 marzo 2016.

[2] Per quanto spesso confusi o utilizzati come sinonimi, il surriscaldamento globale ed il cambiamento climatico sono due concetti profondamente diversi. Infatti, mentre la prima teoria scientifica ritiene che le temperature medie del nostro pianeta continuino gradualmente e costantemente ad aumentare direttamente a causa dell’inquinamento atmosferico, la seconda teoria non ammette un aumento graduale e costante delle temperature, bensì una loro modifica non lineare parzialmente collegata con il fattore dell’inquinamento. Shonil Bhagwat, Biodiversity and Climate Change, in “American Association for the Advancement of Science (AAAS)”, 2009, pp. 805-807.

[3] Rutgerd Boelens, Environmental justice movements in globalizing networks: a critical discussion on social resistance against large dams, in “The Journal of Peasant Studies”, Issue 5 Vol. 48, 2021, pp. 1008-1032.

[4] La cifra tonda di otto miliardi di persone è stata raggiunta, tra l’altro, recentemente, il 15 novembre 2022. Per maggiori dettagli sull’andamento della popolazione mondiale negli ultimi decenni si consiglia di consultare il seguente link:  https://www.youtrend.it/2022/04/29/il-futuro-della-crescita-della-popolazione-mondiale/.

[5] Asit K. Biswas et al., Water crisis and water wars: myths and realities, in “International Journal of Water Resources Development”, Vol. 35 Issue 5, 2019, pp. 727-731.

[6] Per ulteriori informazioni si consiglia Sophie Schetke et al., Towards sustainable settlement growth: A new multi-criteria assessment for implementing environmental targets into strategic urban planning, in “Environmental Impact Assessment Review”, 2012, Vol. 32, pp. 195-210.

[7] Douglas Sheil & Daniel Murdiyarso, How Forests Attract Rain: An Examination of a New Hypothesis, in “BioScience”, Vol. 59, p. 341, 2009.

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