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Progetto per la costruzione di un pozzo artesiano in Benin

Gennaio 31, 2023

* L’immagine di copertina di questo progetto è stata presa dal sito Global Charity Initiative, consultabile al seguente link: https://globalcharityinitiative.org/digging-wells-in-africa-a-waste-of-money-and-resources/

La costante crescita della popolazione mondiale verificatasi negli ultimi anni – soprattutto in Africa subsahariana – ha reso l’approvvigionamento idrico una materia strategica per molte nazioni che si trovano a gestire complesse dinamiche demografiche. Di pari passo col progressivo aumento dei propri abitanti, molti Paesi sperimentano contestualmente casi di urbanizzazione di massa. Questo fattore contribuisce a rendere l’acqua, bene primario per eccellenza, una risorsa da salvaguardare in ottica di pianificazione urbanistica.

Da un punto di vista idrico, la presenza di una moltitudine (crescente) di persone che risiede in porzioni piccole di territorio rappresenta una delle sfide più complesse che un’amministrazione statale è chiamata a risolvere. Infatti, spesso si verifica un doppio problema sul fronte sia quantitativo che qualitativo relativamente alla disponibilità di fresh water. Da un lato, le autorità devono provvedere all’approvvigionamento dell’acqua necessaria per le attività quotidiane di milioni di individui. Dall’altro, hanno l’obbligo di farsi carico di consegnare ai propri cittadini un’acqua qualitativamente accettabile in grado di assicurare sia il soddisfacimento dei bisogni individuali sia una produzione economico-industriale adeguata al numero di residenti. Questo secondo aspetto non è affatto marginale, dal momento che l’acqua, oltre ad essere la fonte di vita per tutti gli esseri viventi, è una risorsa a tutti gli effetti e viene utilizzata i quasi tutti i processi produttivi.

Stando ad alcuni report recentemente realizzati dalla FAO, la domanda globale di acqua dolce raddoppia ogni 21 anni. Si tratta di un dato importante che ci consegna un quadro oltremodo dinamico in merito alle necessità idriche della popolazione mondiale. Occorre, tuttavia, soffermarsi su un altro dato, altrettanto rilevante. Sempre secondo la FAO, sarebbero più di 500.000 le persone che muoiono ogni giorno in tutto il mondo a causa di malattie trasmesse dall’acqua contaminata. Dunque, a fronte di un vertiginoso aumento della domanda idrica globale, si deve necessariamente provvedere alla fornitura di acqua quanto più possibile scevra da agenti patogeni pericolosi per la vita umana. Per far questo è opportuno aumentare la disponibilità di infrastrutture idriche in grado di soddisfare la crescente necessità di acqua sotto il profilo socioeconomico.

Benin: un mercato idrico in espansione

Il Benin, Stato subsahariano di media grandezza affacciato sul Golfo di Guinea, rappresenta il “candidato” ideale per ricevere in futuro fondi destinati al potenziamento delle proprie infrastrutture idriche. Ha un’estensione territoriale non particolarmente rilevante – pari a 112.620 km² (poco più di un terzo dell’Italia) – e una popolazione che si attesta attorno alle 12.4 milioni di unità. A livello demografico Porto Novo[1] cresce progressivamente da circa due decenni senza tuttavia toccare i picchi vertiginosi della vicina Nigeria, vero e proprio colosso in termini di popolazione. Si pensi, a tal proposito, che Abuja è attualmente al sesto posto nella classifica globale delle nazioni con più abitanti con proiezioni in netta crescita da qui ai prossimi decenni[2].

Fig. 1: Lista dei Paesi più popolosi al mondo nel 2030
https://www.weforum.org/agenda/2022/08/world-population-countries-india-china-2030/

L’esplosione demografica che caratterizza la Nigeria – ma anche altre nazioni africane, basti pensare a Egitto ed Etiopia per esempio – impone che la realizzazione di opere idriche venga pianificata in un clima di urgenza e immediatezza. D’altra parte, la moltitudine di persone sottoposte a stress o, in molti casi, a vere crisi da approvvigionamento idrico fa sì che le varie organizzazioni internazionali operanti in quei Paesi adottino un approccio improntato all’emergenza. Non vi è spazio, in questo senso, per opere idriche concepite in base ad una ragionata pianificazione urbanistica, o di progetti improntati all’ottenimento di risultati di medio-lungo periodo. Ciò che conta, purtroppo, è la risoluzione di crisi idriche conclamate, acuite dalla crescita smodata della popolazione e dalla disorganizzata urbanizzazione di massa.

La situazione del Benin, invero, è sensibilmente diversa. Come detto, la crescita demografica è costante ma non esplosiva; ciò consente di concepire delle opere idriche non con un approccio emergenziale ma strategico, compatibilmente con le esigenze dell’agenda di governo di Porto Novo. In altre parole, in questo piccolo Stato subsahariano è possibile realizzare dei progetti che possano apportare un effettivo beneficio duraturo alla popolazione locale, le cui esigenze idriche possono essere non solo soddisfatte ma anche, in un certo senso, predette. Quest’ultimo aspetto è molto rilevante in ottica teleologica, dal momento che una corretta analisi predittiva può fare la differenza tra un buon progetto e un ottimo progetto, tra una misura temporanea e una a medio-lungo termine, tra la costruzione di un’opera di emergenza o un’infrastruttura strategica che apporti benefici trans-generazionali.

Fig. 2: Geolocalizzazione del Benin
https://hadithi.africa/know-benin/

Tra i fattori da tenere in considerazione per ciò che concerne la realizzazione di opere idriche in Benin vi è senza dubbio il clima. Come si evince dalla Fig. 2, questo Paese è localizzato non lontano dell’equatore; ciò garantisce un’umidità abbondante, soprattutto nelle regioni meridionali. In prossimità delle coste, infatti, le precipitazioni annue sono in media di 1.300 mm, con picchi anche di 1.500. Dati interessanti, che certificano la presenza di consistenti risorse idriche dovute a costanti fenomeni piovosi. A questo proposito, la stagione delle piogge si verifica da aprile a fine luglio, con precipitazioni più brevi e meno intense da fine settembre a novembre. Da dicembre ad aprile si verifica il cosiddetto periodo secco, caratterizzato dalla presenza del vento caldo del Sahara chiamato Harmattan[3], durante il quale un velo di polvere fine aleggia sul Paese per diverse settimane, la vegetazione si colora di bruno-rossastro, l’erba si secca e il cielo è coperto[4].

Le precipitazioni continue che si verificano sul territorio beninese fanno sì che Porto Novo possa contare su oltre due miliardi di m³ d’acqua annui provenienti dalle cosiddette acque superficiali, vale a dire corsi d’acqua, laghi, zone umide[5]. Queste ultime vengono regolarmente rifornite di abbondante acqua piovana. A ciò vanno sommati i circa undici miliardi di m³ d’acqua che si trovano nel sottosuolo del Benin, in particolar modo nelle acque sotterranee, nelle falde artesiane e freatiche. Complessivamente, dunque, le risorse idriche di cui dispongono i Beninesi sono di oltre tredici miliardi di m³, una cifra davvero considerevole per un popolo, come abbiamo visto, di ridotte dimensioni demografiche stanziato su un territorio decisamente poco esteso.

Nonostante una non scontata abbondanza di fresh water presente sia nel proprio sottosuolo sia a causa dell’alto volume delle precipitazioni, il Benin è uno Stato in cui lo stress idrico rappresenta un problema molto serio. La ridotta popolazione, in grande maggioranza agricola, non ha accesso a fonti di approvvigionamento affidabili e pulite, oltre a sperimentare di volta in volta casi di preoccupante water pollution che rendono l’acqua esistente non disponibile per usi domestici, agricoli e industriali. Come rappresentato nella Tab. 1, da un punto di vista idro-ambientale, Porto Novo si trova a dover risolvere una serie di questioni certamente non agevoli. 

“Questione idrica”Impatto sulla popolazioneUrgenza risolutoriaTempistiche
Mancanza di adeguate fognatureMolto altoEstrema3-5 anni
Alta concentrazione di fertilizzantiAltoElevata2-3 anni
Alta concentrazione di materiali inquinantiAltoElevata2-3 anni
Assenza depuratori idriciMolto altoEstrema3-5 anni
Popolazione essenzialmente agricolaAltoModerata5-10 anni
Poca diffusione di infrastrutture idrauliche in zone ruraliMolto altaEstrema2-3 anni
Tab. 1: Principali questioni idriche del Benin[6]

Il problema principale per ciò che concerne la disponibilità di acqua in Benin è senza dubbio l’assenza di un adeguato sistema di fognature, soprattutto nelle aree rurali. Questa situazione fa sì che le acque reflue, spesso caratterizzate da un’alta concentrazione batterica e da sostanze inquinanti, non vengano adeguatamente smaltite o indirizzate in appositi bacini. Al contrario, gli scarti idrici derivanti da usi sia domestici sia produttivi sono molto spesso riversati nei numerosi torrenti e corsi d’acqua da cui, successivamente, gli stessi Beninesi sono soliti rifornirsi per il proprio approvvigionamento. In questo senso, l’elevato numero di fiumi (come si evince dalle Fig. 3 e 4) di cui è intessuto tutto il territorio nazionale afferente alla giurisdizione di Porto Novo rappresenta più uno svantaggio che un elemento positivo. La capillarità della diffusione di corsi d’acqua, unita all’omogenea e preoccupante assenza di fognature, comporta che le acque reflue cariche di agenti patogeni circolino a tutte le latitudini del Paese, assicurando la diffusione di malattie e la presenza di svariati ambienti malsani.

Il secondo elemento critico in merito alla situazione idrica del Benin è proprio relativo all’alto inquinamento delle numerose fonti sul suolo nazionale. Sono varie, a questo proposito, le sostanze nocive presenti nelle acque beninesi. Come detto in precedenza, il carattere sostanzialmente agricolo della popolazione – ma anche di alcuni settori economico-produttivi – del Benin comporta che l’agricoltura rivesta un ruolo determinante nel paniere produttivo di Porto Novo. Per incrementare le derrate alimentari, il governo nel corso del tempo ha incentivato l’uso di fertilizzanti e diserbanti. Ciò ha senza dubbio accresciuto la produzione agricola ma ha anche aumentato il tasso di rifiuti chimici. Acido cloridrico, zolfo, acido fosforico e altre sostanze altamente inquinanti sono state trovate lungo il corso del fiume Ouémé[7], il cui vasto bacino idrico ricopre circa il 50% dell’intero territorio nazionale beninese. Elementi inquinanti sono stati trovati anche nel fiume Niger, ampio corso d’acqua transfrontaliero che, lungo tutto il suo vasto percorso (circa 4.160 km), transita anche nel versante nord-orientale del Benin al confine con lo Stato nigerino.

Fig. 3: Il corso del fiume Ouémé, il più importante corso d’acqua del Benin, con tutti i suoi affluenti https://en.wikipedia.org/wiki/Ou%C3%A9m%C3%A9_River#/media/File:Oueme_OSM.png

Insieme all’alto tasso di inquinamento delle acque, Porto Novo sconta l’assenza di Water Purification Plants – WPP (impianti di depurazione idrica). L’alta concentrazione batterica e le sostanze nocive presenti nelle fonti di fresh water beninesi potrebbero essere limitate tramite la diffusione progressiva di centrali in grado di purificare l’acqua. Infatti, come già accennato, il principale problema idrico del Benin risiede nella qualità delle fonti a disposizione. Tuttavia, impianti di tale portata presentano dei costi di realizzazione non indifferenti per una nazione in via di sviluppo come il Benin. Inoltre, una volta costruite, le WPP necessitano di personale altamente specializzato per operare a pieno regime. Allo stato attuale, si segnala che sia per ciò che concerne i costi di costruzione sia in merito al personale locale in grado di far funzionare le strutture, Porto Novo potrebbe avere delle difficoltà ad inserire le WPP all’interno del proprio sistema idrico.

Tentativi di regolamentazione idrica nel Benin: una panoramica

Fonti idriche inquinate rappresentano un danno molto serio per uno Stato e una comunità. L’acqua sporca, soprattutto se utilizzata da molti cittadini impossibilitati ad usare fonti pulite, è foriera di malattie gravi che hanno un costo sociale elevato. Nel caso del Benin, si tenga presente che circa il 15% della popolazione si approvvigiona regolarmente dai numerosi laghi e fiumi diffusi nel Paese. Ciò vuol dire che oltre 1.8 milioni di Beninesi, soprattutto nelle aree rurali, sono sottoposti quotidianamente all’attacco di agenti patogeni che potrebbero causare gravi disturbi. Epatite, colera, dissenteria, diarrea e tifo sono solo alcune delle malattie ad alta diffusione in caso di acqua inquinata.

Per cercare di ridurre quanto più possibile gli effetti dell’inquinamento idrico sul proprio sistema socioeconomico Porto Novo ha adottato, nel corso del tempo, una serie di norme regolatorie. Nel 1998, ad esempio, il governo adottò la Gestione Integrata delle Risorse Idriche (o Integrated Water Resources ManagementIWRM), come approccio prioritario per la gestione sostenibile del cosiddetto “oro blu”. Tale provvedimento fu conseguenza dei risultati, per così dire non eccellenti, di una relazione esterna sulla strategia del Benin per la gestione delle risorse idriche, giudicata deficitaria soprattutto sotto il profilo della sostenibilità ambientale e del riutilizzo della risorsa. La relazione, presentata nel febbraio 1998, raccomandava nelle parti conclusive l’adozione dell’IWRM per migliorare la gestione dell’acqua nello Stato affacciato sul Golfo della Guinea[8].

Sebbene la qualità dell’acqua a disposizione dei cittadini beninesi non sia migliorata in maniera significativa in seguito all’IWRM, si segnala che nei primi anni del nuovo millennio Porto Novo ha provveduto a realizzare delle significative riforme organizzative in merito alla fornitura energetica e alla gestione idrica. Fino al 2003, la responsabilità dell’approvvigionamento idrico urbano e dei servizi igienico-sanitari era affidata alla Société Béninoise d’Energie Electrique (SBEE). Successivamente, gran parte del settore elettrico venne privatizzato, mentre il settore idrico urbano è rimasto pubblico ed è stato fornito dalla Société Nationale des Eaux du Bénin (SONEB). Lo Stato perse quindi il monopolio nella fornitura energetica pur conservando il controllo di quella idrica (nelle aree urbane); nuovi player entrarono in gioco con obiettivi audaci: garantire più energia e acqua (pulita) alla crescente popolazione beninese, passata in 20 anni (1990-2010) da 5 a circa 9.7 milioni di individui.

Fig. 5: Andamento demografico del Benin tra il 1960 e il 2010[1]
https://en.wikipedia.org/wiki/Demographics_of_Benin#/media/File:Benin-demography.png

Per ciò che concerne le aree rurali, la Direzione Generale dell’Acqua (Direction Générale de l’Eau – DG-Eau) diventò responsabile della supervisione e del coordinamento dell’approvvigionamento di acqua potabile. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, la presenza di più entità istituzionali ha appesantito e rallentato la macchina organizzativa, contribuendo – in un primo tempo – a non migliorare le condizioni della risorsa idrica né a livello qualitativo né sotto il profilo quantitativo.

Nel biennio 2005-2007, in Benin la percentuale di mortalità infantile al di sotto dei 5 anni era molto elevata: 15.6 %. Questo dato fotografava una realtà allarmante, in cui l’inquinamento idrico contribuiva a diffondere malattie e ambienti poco salubri Nel Documento Strategico per la Crescita e la Riduzione della Povertà (DSCRP) del biennio 2007-2009 il governo pose quindi come obiettivo principale un accesso all’acqua più sicuro. Ciò avvenne sulla base dell’assunto secondo il quale una migliore gestione delle risorse idriche rappresentava la chiave per la crescita e lo sviluppo economico nazionale. Facendo seguito ad un progetto di legge sull’acqua presentato al Parlamento nel luglio 2007, nei primi mesi del 2009 Porto Novo adottò un provvedimento innovativo incentrato su un corretto uso delle numerose risorse idriche presenti sul proprio territorio. I pilastri di questo atto, i cui obiettivi sono in larga parte ancora oggi perseguiti da Porto Novo, sono riassumibili nei seguenti punti:

  1. Monitoraggio continuo dell’acqua potabile in tutto il Paese sia nelle zone urbane che rurali.
  2. Dotazione alle autorità locali di strutture per il monitoraggio e la purificazione dell’acqua potabile.
  3. Graduale passaggio da un sistema di approvvigionamento idrico intermittente a uno continuo per evitare la contaminazione diffusa causata da un approvvigionamento idrico non performante.
  4. Rinnovamento delle condutture vecchie e arrugginite e non più performanti della rete di distribuzione dell’acqua.
  5. Distanziamento aumentato tra le fognature e le linee di alimentazione dell’acqua potabile per evitare la contaminazione incrociata.
  6. Adozione di leggi severe che vigilino sulla qualità dell’acqua potabile.
  7. Utilizzo di campagne di sensibilizzazione pubblica per educare la popolazione sull’importanza di acqua potabile sicura.

Essenzialmente, il principale obiettivo perseguito dalle autorità beninesi con il DSCRP riguardava il miglioramento della qualità dell’acqua a disposizione dei cittadini. Per far ciò, Porto Novo pose una grande attenzione sull’aspetto igienico-sanitario associato alle risorse idriche. Sotto questo profilo, tale piano venne perseguito attraverso una serie di progetti racchiusi nella generica espressione di Programme d’Assistance au Développement de l’Eau et de l’Assainissement en milieu Rural – PADEAR (Programma di assistenza per lo sviluppo del settore dell’approvvigionamento idrico e dei servizi igienico-sanitari nelle aree rurali). Molti partner internazionali vennero coinvolti da Porto Novo; nello specifico, si segnala la Danish International Development Agency – DANIDA (attiva in Benin per quasi venti anni dal 1992 al 2010[10]), l’Agence Française de Développement (che ha partecipato ad un progetto triennale dal 2005 al 2008 con contributi a fondo perduto pari a circa 22 milioni di dollari[11]), diverse aziende olandesi, (attive tra il 2007 e il 2011 impegnate in progetti per la fornitura di reti idriche nelle zone rurali[12]) e due grosse agenzie energetiche tedesche, la Deutsche Gesellschaft für Technische Zusammenarbeit (GTZ) e la German Development Bank – KfW Bankengruppe (KFW)[13].

Fig. 6: Acque inquinate del Lago Nokoué, Benin (2019)
https://www.globalnature.org/en/threatened-lake-2019

Come testimoniato dalla Fig. 6, i progressi relativi alla purificazione delle acque beninesi sono molto lenti. Nel 2019, il Lago Nokoué, situato nella parte meridionale del Paese non lontano dalla costa, versava ancora in condizioni difficili. Rifiuti, sporcizia, acque reflue e altro materiale di scarto erano presenti a vario titolo in un bacino idrico reso di fatto inutilizzabile. Non è pur nulla semplice, infatti, rendere usufruibili milioni di m³ d’acqua altamente inquinata. Nonostante il supporto di partners internazionali e autorità nazionali in grado di effettuare, nel tempo, importanti riforme strutturali, le tempistiche necessarie per realizzare dei risultati soddisfacenti sono lunghe. A questo proposito, si segnala il supporto finanziario fornito dalla Banca Mondiale che, a partire dal 2003, ha sostenuto lo sforzo di Porto Novo nel miglioramento qualitativo delle proprie risorse idriche tramite i cosiddetti Poverty Reduction Support Credits (PRSCs). I primi PRSCs (2004-2005 e 2005-2006), stanziati nell’ambito di progetti per la riduzione della povertà, hanno fornito 50 milioni di dollari al Benin, da destinare anche per l’efficientamento idrico[14].

In linea con gli obiettivi ambiziosi previsti nel biennio 2007-2009, a partire dal 2012 il Benin ha puntato molto sulla decentralizzazione, allo scopo di fornire anche alle zone rurali tutti gli strumenti necessari per ottenere risvolti positivi. Con il passare del tempo, la DG-Eau ha stabilito i propri quartier generali (Divisioni Idriche Provinciali) in ben 11 province, aumentando la propria presenza anche in contesti remoti, dove sono attive 77 agenzie in altrettante municipalità. I risultati non si sono fatti attendere, visto che un sempre maggior numero di Beninesi può ad oggi (2023) contare su risorse idriche più pulite e costanti. Certamente, resta ancora molta strada da fare per rendere il Benin una nazione sicura da un punto di vista idrico. Nondimeno, occorre rendere merito alle autorità di Porto Novo che hanno inaugurato, ormai da un paio di decenni, una netta svolta nella tutela delle proprie acque.

Anche per ciò che riguarda la politica focalizzata sulla decentralizzazione, è opportuno segnalare il grande sostegno offerto dalla Banca Mondiale ai progetti beninesi. In base al Water and Sanitation Program (WSP), promosso appunto dalla World Bank, Porto Novo ha potuto beneficiare di numerosi progetti il cui scopo era il miglioramento dell’approvvigionamento idrico nelle zone rurali del Paese. Uno dei pilastri del WSP, infatti, riguarda proprio lo sviluppo delle aree distanti dai centri abitati, tradizionalmente meno industrializzate e, di conseguenza, maggiormente soggette a fenomeni negativi quali stagnazione, mancanza di opportunità, emigrazione di massa e quant’altro.

Pozzi artesiani: un valido strumento per il contrasto allo stress idrico del Benin

Per concretizzare i rilevanti risultati ottenuti nel corso degli anni, sarebbe auspicabile che Porto Novo aumentasse le proprie infrastrutture idrauliche sia numericamente sia da un punto di vista qualitativo. A tal riguardo, sono due le strade percorribili: costruire più pozzi o dotarsi di un moderno sistema di filtraggio e depurazione idrica in grado di rendere utilizzabili i milioni di m³ d’acqua che sono di fatto indisponibili a causa delle già menzionate problematiche legate all’inquinamento. Concretamente, la realizzazione di un pozzo rappresenta un’opzione molto valida sia nel breve sia nel medio/lungo periodo. Come detto poc’anzi, infatti, gli impianti di depurazione sarebbero altrettanto validi ma necessitano di elevati costi iniziali e di personale altamente specializzato in grado farli funzionare. Queste caratteristiche, che rappresentano degli ostacoli non indifferenti, non si riscontrano per ciò che concerne i pozzi.

Nello specifico, si ritiene utile la creazione di una rete di pozzi artesiani. Questa soluzione permetterebbe di garantire l’approvvigionamento idrico delle case isolate o in luoghi dove la rete idrica è caratterizzata da carenze e malfunzionamenti, come purtroppo avviene sistematicamente ancora oggi in varie parti del Benin. Il pozzo artesiano si addice molto bene alle caratteristiche idrologiche di questa piccola nazione africana. Esso, infatti, viene spesso costruito in luoghi ricchi di acqua sotterranea dove non è necessaria una particolare forza meccanica per estrarre la risorsa dal sottosuolo. Al contrario, questa tipologia di pozzo viene solitamente progettata in località dove l’acqua sgorga naturalmente dalle falde cosiddette “artesiane”[15]; non vi è dunque la necessità di utilizzare dei mezzi come le pompe sommerse, necessarie a favorire l’emersione di acqua in superficie. I pozzi artesiani perforano la parte superiore della falda acquifera e provocano la risalita dell’acqua verso l’alto, fino al livello statico della falda stessa. Proprio in quel punto, allora, l’acqua sgorga dal suolo senza ulteriori pressioni.

Fig. 7: Schema di realizzazione di un pozzo artesiano
https://valleywaternews.org/2019/07/11/what-is-an-artesian-well/

Il pozzo artesiano è solitamente piccolo di diametro e profondo, realizzato per mezzo di trivelle montate su camion o cingolati. La profondità di cui si parla si aggira intorno ai 100 metri e l’acqua che sgorga in superficie è spesso potabile e pronta all’uso senza particolari procedimenti purificativi. Una tra le caratteristiche più importanti dei pozzi di questo tipo è che si possono scegliere i punti della falda da sigillare e quelli da lasciare liberi. Infatti, se il pozzo serve per irrigare i campi, si avrà la necessità di captare tutte le falde per aumentare la profondità del pozzo, mentre se si ha bisogno di un pozzo per uso domestico si devono scegliere le falde che abbiano una maggiore qualità e minor rischio di inquinamento. In sostanza, viste le caratteristiche rurali del Benin, si ritiene che la diffusione di pozzi possa aiutare a rendere più sicuro l’approvvigionamento idrico per decine di migliaia di famiglie.

Per realizzazione e manutenzione il pozzo artesiano sarebbe da preferire rispetto ad altre opere, quali, ad esempio, il pozzo freatico. Quest’ultimo è un particolare tipo di pozzo che attinge l’acqua da una falda, detta appunto freatica, contenente acqua non in pressione, come avviene invece in quello artesiano dove l’acqua accumula una forte pressione dovuta all’impossibilità di sgorgare. Pur operando in una falda solitamente poco profonda (20 metri), il pozzo freatico non riesce ad estrarre acqua senza l’ausilio di pompe sommerse. Per questo motivo, spesso tale pozzo è abbastanza massiccio anche se si trova ad operare a profondità meno rilevanti rispetto a quelle artesiane, che possono arrivare, come abbiamo visto, anche a diverse decine di metri. La presenza di pompe sommerse fa sì che da un punto di vista manutentivo il pozzo freatico richieda maggiori sforzi rispetto all’artesiano. Inoltre, se in ottica di spesa entrambe le opere idrauliche sono tutto sommato sullo stesso livello con un live esborso maggiore per l’artesiano (6.000/7.000 il pozzo freatico e 8.000/9.000 euro quello artesiano[16]), da un punto di vista funzionale si riscontrano notevoli differenze. Gli artesiani, infatti, assicurano una maggiore portata d’acqua rispetto ai pozzi freatici e, in più, garantiscono una resa continuativa e costante, per giunta senza strumenti meccanici. Dunque, il pozzo artesiano è sicuramente la soluzione migliore per chi ha bisogno di ingenti quantità d’acqua (sia per uso civile, agricolo o industriale). L’acqua di questi pozzi, tra l’altro, può essere immessa negli acquedotti e per rifornire impianti antincendio.

Conclusione

Il Benin rappresenta una dinamica nazione in via di sviluppo in cui, negli ultimi anni, molto è stato fatto per mettere in sicurezza da un punto di vista idrico un crescente numero di persone. Come visto in questo progetto, il combinato disposto rappresentato dall’operato delle organizzazioni internazionali e da una politica nazionale attenta alle esigenze idriche dei propri cittadini ha fatto realizzare degli importanti passi avanti in ottica di water security. Alla luce di ciò, occorre proseguire sulla strada tracciata nel 1998 a seguito del lancio della cosiddetta Gestione Integrata delle Risorse Idriche. Vero e proprio punto di svolta, questo atto ha inaugurato una serie di scelte politiche che hanno progressivamente affrancato dai preoccupanti rischi legati allo stress idrico centinaia di migliaia di cittadini beninesi.

Vista l’ormai consolidata presenza di operatori internazionali attivi nella progettazione di opere idrauliche, il Benin è il candidato ideale per ricevere fondi destinati a progetti per l’efficientamento idrico. Il sottosuolo del Paese, oltremodo ricco di acqua, potrebbe essere sapientemente sfruttato per creare una serie di pozzi artesiani soprattutto nelle zone rurali, in cui i sistemi fognari scarseggiano. In una prima fase, si raccomanda quindi la costruzione di tali opere idrauliche per aumentare l’apporto idrico pulito nelle aree più remote. In un secondo momento, sarebbe altresì auspicabile creare una rete integrata di pozzi artesiani, vale a dire un sistema di pozzi comunicanti tra loro attraverso una rete di canalizzazioni. In tal modo, si verrebbero a creare i presupposti per la diffusione di risorse idriche non contaminate in maniera capillare. Chiaramente, l’assunto alla base delle canalizzazioni resta quello di mantenere l’acqua quanto più possibile pulita. Ciò sarebbe tecnicamente fattibile, visto che la risorsa idrica immessa nei canali collegati tra loro proverrebbe dalle falde artesiane poste a diverse decine di metri nel sottosuolo e non dai laghi e fiumi beninesi, ancora oggi molto inquinati. Per realizzare tale audace piano, tuttavia, serve iniziare dal basso, ovvero costruire dei pozzi artesiani. Si ritiene che la spesa prevista per la costruzione di un’unica opera idraulica di questo tipo sia nell’ordine degli 8.000/10.000 euro.

Per ulteriori richieste in merito alla strategia da perseguire, ai costi e alla fattibilità del progetto, AB AQUA risulta reperibile su richiesta tramite le nostre mail:

fv.abaqua@gmail.com

roberto.natali758@gmail.com

witomonte@gmail.com


[1] La capitale del Benin è Porto Novo, ingrandita dai Portoghesi fin dal XVII secolo allo scopo di imbarcare gli schiavi africani diretti nelle Americhe. La città più nota del Paese, tuttavia, è Cotonou dove il 23 giugno 2000 venne firmata l’omonima Convenzione bilaterale tra l’Unione europea e il gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

[2] La Nigeria, secondo molte stime demografico-statistiche, diventerà il terzo Paese più popoloso del mondo entro il 2050, ovvero “dopodomani” da un punto di vista geo-strategico. Nel 2100, il gigante subsahariano avrà, da solo, più abitanti dell’intera Unione Europea. Per maggiori dettaglia si rimanda a https://www.africarivista.it/nigeria-terzo-paese-piu-popoloso-del-mondo-entro-il-2050/209006/.

[3] Nella lingua italiana Harmattan viene denominato “Armattano”; si tratta di una un vento secco e polveroso che soffia a nordest e ovest, dal Sahara al Golfo di Guinea, tra novembre e marzo. Viene a tutti gli effetti considerato come un disastro naturale a causa del grande quantitativo di polveri che questo vento diffonde nell’aria. L’Harmattan può limitare severamente la visibilità e oscurare il sole per diversi giorni, risultando paragonabile ad una fitta nebbia giallastra.

[4] Per ulteriori dettagli sulla situazione metereologica del Benin si rimanda a: https://www.ijsrp.org/research-paper-0318/ijsrp-p7509.pdf.

[5] Tecnicamente, nell’elenco delle acque superficiali figurano anche mari ed oceani.

[6] Questa tabella è stata elaborata da AB AQUA tramite l’ausilio di dati reperibili sul sito della FAO, delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale applicati alla situazione idrica beninese. Per maggiori dettaglia si rimanda ai rispettivi siti delle organizzazioni citate.

[7] Lungo circa 510 km, il fiume Ouémé ha un bacino idrico che copre circa 50.000 km quadrati di territorio, per lo più centrale, e sfocia nel Golfo della Guinea non lontano da Cotonou, capitale economica del Paese.

[8] https://www.ijsrp.org/research-paper-0318/ijsrp-p7509.pdf.

[9] Dati reperibili presso la FAO.

[10] DANIDA, durante i quasi 20 anni di attività in Benin, ha operato in ben 4 dipartimenti: Nel 1992, in partnership con la Banca Mondiale, l’agenzia danese ha svolto lavori nei Dipartimenti di Zou e dell’Atlantico. Successivamente, in base al progetto PADEAR, i lavori sono proseguiti nei dipartimenti di Alibori e Borgou. L’obiettivo di DANIDA è stato di ridurre la povertà nelle zone rurali e di migliorare l’approvvigionamento idrico delle comunità più remote del Paese. Per ulteriori dettagli in merito alle attività dell’agenzia danese in Benin si rimanda a: https://web.archive.org/web/20110719134315/http://www.danidadevforum.um.dk/NR/rdonlyres/67C09687-D240-40FB-A668-B9A8CE079C51/0/WS_ProgDocPhase2.pdf.

[11] L’obiettivo principale francese era quello di contrastare la povertà e di garantire un migliore approvvigionamento idrico secondo adeguati criteri igienico-sanitari. I fondi di Parigi vennero indirizzati al Dipartimento delle Colline, una delle 12 municipalità in cui è suddiviso il Benin. Tra i vari scopi, l’agenzia francese mirava a promuovere la decentralizzazione come approccio amministrativo, onde poter favorire la creazione di adeguate strutture idriche nelle zone più remote del Paese. Per ulteriori dettagli si rimanda al seguente link: https://www.afd.fr/fr.

[12] Gli investimenti olandesi hanno garantito, nel corso del tempo, ad oltre 300.000 cittadini beninesi residenti nelle zone rurali di avere accesso a fonti idriche pulite e sicure. Oltre a ciò, in linea con gli obiettivi igienico-sanitari del PADEAR, il governo del Benin ha ricevuto fondi per l’attuazione di una campagna nazionale incentrata sulla promozione del lavaggio delle mani. Per ulteriori dettagli su questa vicenda in merito alle attività che l’Olanda ha realizzato in Benin si consiglia di consultare il seguente link https://web.archive.org/web/20080517065228/http://larepubliquedubenin.nlambassade.org/cooperation.

[13] Le agenzie tedesche iniziarono a lavorare in Benin dal 1996, in particolare nei distretti di Oueme e Mono. A partire dal 2001, in concomitanza con il lancio del PADEAR ed in linea con i nuovi obiettivi igienico-sanitari di Porto Novo, GTZ e KFW aumentarono le proprie attività fino a lavorare in ben 5 municipalità del Dipartimento di Atakora e in 2 di Donga. Anche in questo caso, l’obiettivo principale del supporto tecnico ed economico tedesco consisteva nell’incrementare la qualità dell’acqua a disposizione delle aree rurali del Benin. Maggiori informazioni sono reperibili al seguente link: http://www.gtz.de/en/weltweit/afrika/benin/1006.htm.

[14] Maggiori dettagli in merito sono reperibili nel sito ufficiale della Banca Mondiale.

[15] Per falda artesiana si intende una tipologia di falda acquifera “confinata”, ovvero caratterizzata da un corpo idrico che occupa un certo quantitativo di rocce e/o sedimenti circondato da materiali impermeabili (ad esempio argilla). L’acqua sotterranea, che non è libera di filtrare attraverso i materiali in cui è confinata, sgorga in maniera naturale verso l’alto una volta che si effettua una pressione anche non meccanica. Il nome del pozzo in questione, dunque, deriva proprio dal nome della falda da cui si preleva la risorsa idrica.

[16] Queste cifre vengono calcolate in base alla circostanza di realizzare un’opera idraulica in Benin. Ciò comporta, infatti, maggiori spese per trasporto del materiale e degli addetti ai lavori in Africa subsahariana. In Italia il costo per entrambi i pozzi sarebbe ridotto.

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