Il Messico, con una superficie di quasi 2 milioni di km2, è il Paese più esteso dell’America centrale. Lo Stato dispone di una rete idrica di oltre 600 km, che annovera fiumi, fonti di superficie e bacini idrologici che occupano circa il 60% del territorio nazionale. Tuttavia, il 95% di questa generosa disponibilità proviene da acque sotterranee e solo il 75% è idoneo al consumo umano. Uno dei principali problemi del Paese resta la distribuzione di acqua potabile. Poiché la fonte primaria proviene dalle acque sotterranee attraverso le precipitazioni, ed essendo la regione oppressa dal fenomeno della deforestazione, la conseguente erosione del suolo influenza negativamente la filtrazione del liquido dal deflusso superficiale.
Il Messico si trova, quindi, nel pieno di una grave crisi idrica, alimentata dai cambiamenti climatici, dal riscaldamento globale e da un’inadeguata gestione delle risorse idriche. Il 12 luglio scorso, la Commissione Nazionale per l’Acqua (Conagua) ha riportato che l’84% del suolo nazionale e 1.295 municipalità affrontano, attualmente, una drammatica siccità. I dati specifici, relativi a questo periodo estivo 2022, testimoniano la gravità dei danni: a luglio, 8 dei 32 Stati messicani hanno subìto una siccità di livello estremo o moderato, lasciando 1.546 dei 2.463 comuni del paese con carenza idrica. Questi indici confermano che il 48% del territorio nazionale è afflitto dalla piaga della siccità.
Critica è la situazione a Monterrey, la seconda più grande città del Messico, nonché uno dei suoi centri economici più rilevanti. Qui, a partire da giugno scorso, alcuni quartieri hanno sperimentato una mancanza d’acqua durata 75 giorni, che ha portato alla drastica decisione di chiudere anticipatamente molte scuole. Lunghe file di persone si snodano per le strade dei quartieri: alcune famiglie trasportano contenitori da 200 litri e aspettano sotto il sole, tutto il pomeriggio, prima di poter ottenere a mezzanotte l’acqua da “las pipas”, i grandi camion provvisti di acqua e di tubi flessibili per la sua distribuzione. Allo stesso tempo, la penuria d’acqua sta generando, per disperazione, l’insorgenza di forme di violenza: alcuni residenti hanno bloccato le strade e preso in ostaggio dipendenti amministrativi.
Di contro a un ambiente contraddistinto da fughe e disperazione, a causa della carenza d’acqua, spostandosi in altre comunità messicane, è possibile imbattersi in una realtà dove una storia di resilienza unisce i racconti del passato alle crisi del presente. Nelle città toccate dal fiume Metlapanapa, dunque, un gruppo di donne, cresciute ascoltando i racconti de las Adelitas, le combattenti messicane della Rivoluzione del 1910, oggi, un secolo più tardi, narrano ai propri nipoti della loro terra e dell’acqua, messe in pericolo dai cambiamenti climatici e dallo sfruttamento dell’uomo. Parlano delle acque vicine, considerate sacre ed essenziali per i consumi familiari. Il coinvolgimento di queste donne non si è limitato al solo atto di tramandare, ma è diventato una guida alla resistenza contro gli atti di esproprio e di estrazione di risorse da parte di oltre 30 aziende. Considerato il prosciugamento della quantità di acqua che una volta le circondava, al pari delle Adelitas, las Guardianas del Río Metlapanapa si sono ugualmente prodigate per la difesa del loro territorio, riuscendo nell’intento di fare arrestare, nel 2020, le attività della società Bonafont, della transnazionale Danone, che per quasi 30 anni ha estratto 1,64 milioni di litri di acqua al giorno dal fiume Metlapanapa.
Dal 2019, con lo stesso spirito di rivincita e resilienza, tra i villaggi di Santa Catarina Estancia e Mogote Colorado, un gruppo di donne messicane sono impegnate nella costruzione di cisterne di raccolta dell’acqua piovana per assicurarlo all’uso domestico. In questo modo, riusciranno ad evitare di dover percorrere chilometri a piedi per rimediare solamente due secchi d’acqua. Il problema della carenza di acqua ricade, infatti, principalmente sulle donne, la figura familiare che tradizionalmente è legata ai compiti domestici: dall’accesso all’acqua, all’irrigazione dei campi, alle faccende casalinghe.
Azioni comunitarie, accompagnate da interventi statali di tipo economico e strutturale, si scoprono marginali e insufficienti per risolvere la crisi nella sua totalità. Si moltiplicano, dunque, gli appelli politici a rinforzo di un’azione globale che affronti in modo decisivo il cambiamento climatico, al di là delle reali ed effettive possibilità risolutive di un unico governo o Stato.