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La fragilità dei rapporti di condivisione idrica tra India e Pakistan

Giugno 22, 2024

L’immagine di copertina di questo paper è stata presa dal sito di The Diplomat, consultabile al seguente link: https://thediplomat.com/2023/04/troubled-waters-india-pakistan-and-the-indus-water-treaty-2-0/

Le rivalità a carattere idro-strategico che coinvolgono l’India e il Pakistan non sono facilmente comprensibili senza che si ripercorra uno dei momenti più salienti della loro storia comune e se non si prende anche in considerazione il contesto internazionale attuale e le aspirazioni/priorità di entrambe le Nazioni. Nel 1947 si sancì la suddivisione della colonia dell’India britannica in due stati separati e indipendenti, India e Pakistan. Fino a quel momento, durante la dominazione britannica, le comunità indù, sikh e musulmana avevano convissuto nel subcontinente indiano per centinaia di anni, con tensioni contenute. 

La creazione del doppio Stato, su basi religiose e confessionali, concedeva ai musulmani indiani (il 30% della popolazione) una propria nazione indipendente, in modo tale da scongiurare l’eventuale oppressione da parte della maggioranza indù. La nascita delle due entità statali fu caratterizzata da enormi tensioni e terribili violenze, che provocarono la migrazione di massa di 12-15 milioni di persone.

Dalla loro indipendenza, India e Pakistan si sono già fronteggiati in tre guerre (1965, 1971 e 1999), oltre che in conflitti di più breve durata e incidenti di confine. Oggetto di tali scontri è stata ed è tuttora la regione del Kashmir, a maggioranza musulmana (l’unica nel Subcontinente indiano), appartenente al territorio indiano e contesa dai due Paesi sin dall’indipendenza del 1947. Il Kashmir, oggi diviso in tre province, di cui due del Pakistan (Gilgit Baltistan e Azad Kashmir) e una dell’India (Jammu e Kashmir), rappresenta una zona ricca e strategica a livello minerario e idrico.

Se l’idrografia della regione ha assicurato all’India una certa sicurezza sugli approvvigionamenti idrici, proprio grazie ai numerosi fiumi che l’attraversano, il Pakistan, al contrario, non gode dello stesso vantaggio. La regione pachistana dipende completamente dal fiume Indo, unico grande bacino fluviale dell’area in grado di supportare lo sviluppo della nazione.

Sulla base di questa differenza strategica, per oltre mezzo secolo, il controllo delle risorse fluviali è stato una fonte di rivalità e tensione interstatale tra India e Pakistan. Il corso fluviale dell’Indo si dirama principalmente tra India (39%) e Pakistan (47%), con piccole sezioni in Tibet e nell’Afghanistan orientale (FAO, 2011a) [1].

Durante la formazione dei due Stati, le linee di confine tra India e Pakistan sono state disegnate seguendo quelle tracciate naturalmente dal cosiddetto “spartiacque dell’Ind” (“Indus watershed”, Gardner, 2019) [2].

La collocazione di queste linee ha avvantaggiato l’India per la gestione delle dighe che regolano il flusso d’acqua verso il Pakistan. Il confine fisico tra i due Stati taglia molti degli affluenti del fiume, creando una struttura idrica fondamentale, posta sotto l’amministrazione indiana, che diventa la fonte di tensioni tra i due Paesi. La straordinaria disponibilità di risorse e infrastrutture idriche del governo indiano, quali dighe e impianti idroelettrici, rappresentano non solo una preziosa fonte di energia per l’economia del Paese, ma anche una minaccia costante per i fragili equilibri geopolitici regionali.

I timori di future carenze idriche, sorti dalle gestioni statali delle risorse a disposizione e dalle narrazioni politiche divisive, generano ricorrenti crisi diplomatiche tra i due Stati. Da una parte, in India, le azioni violente della cellula terroristica islamica (Jaish-e-Mohammad), considerata affiliata al Pakistan, vengono spesso strumentalizzate per giustificare un raffreddamento dei rapporti bilaterali e persino per minacciare di ridurre l’approvvigionamento idrico del Pakistan (Al Jazeera, 2019; Roy, 2019) [3]. Dall’altra parte, i media nazionalisti pachistani accusano l’India di favorire l’insorgenza di inondazioni nel Paese, causate da una gestione inadeguata delle risorse idriche, basata fondamentalmente su un principio di auto-referenzialità.

Il Trattato sulle acque dell’Indo: garante giuridico della pace

Le questioni idriche nel bacino dell’Indo sono regolate principalmente dal Trattato sulle acque dell’Indo (The Indus Waters Treaty, IWT, 1960). Con la mediazione della Banca Mondiale, il Trattato ha definito i principi di condivisione interstatale dell’acqua dell’Indo per evitare conflitti idrici tra India e Pakistan. La Banca Mondiale svolse un ruolo determinante nell’intermediazione dei negoziati, nati a seguito di un episodio del 1948, quando l’India interruppe la fornitura d’acqua a molti villaggi in Pakistan. Tale organizzazione internazionale ha, inoltre, sostenuto economicamente sia il Pakistan che l’India per la costruzione di strutture di stoccaggio e di trasporto dell’acqua.

Fig. 1: Allocazione delle risorse idriche tra India e Pakistan
https://climate-diplomacy.org/case-studies/water-conflict-and-cooperation-between-india-and-pakistan

Il Trattato sancisce in 12 articoli che il controllo sui tre affluenti orientali del fiume Indo (Ravi, Sutlej e Beas), che poi sfociano in Pakistan, è affidato all’India, mentre i tre affluenti occidentali – Indo, Jhelum e Chenab – sono sotto la gestione del Pakistan. Il funzionamento del Trattato si basa sull’incontro due volte l’anno dei commissari per l’acqua del Pakistan e dell’India che organizzano visite tecniche ai siti dei lavori sulle sorgenti dei fiumi. Il Trattato stabilisce un meccanismo per la cooperazione e lo scambio di informazioni tra i due Paesi riguardo all’utilizzo delle loro fonti fluviali.

Sebbene il quadro normativo che regola la distribuzione dell’acqua tra i due Stati sia stato generalmente accettato da entrambe le parti, il Trattato è stato oggetto di crescenti contestazioni, per via dei numerosi progetti idroelettrici indiani, della costruzione di dighe e della conseguente alterazione del flusso di acqua verso il Pakistan. Il Paese mette in dubbio sia l’assegnazione del controllo sugli affluenti dell’Indo sia le concessioni che hanno permesso all’India di costruire legalmente infrastrutture che metterebbero a rischio la sicurezza idrica pachistana.  

Nel contempo, il Pakistan si è rivolto anche all’alleato cinese, che sostiene la sovranità indipendente e l’integrità territoriale pachistane, alla ricerca di una maggiore influenza economica nella regione attraverso la realizzazione di progetti economici (Corridoio economico Cina-Pakistan, CPEC).

Fig. 2: Risorse idriche in Pakistan e domanda delle famiglie
https://www.stimson.org/2023/pakistans-political-economy-perpetuates-its-water-crisis/

L’acqua come causa di tensione

Il bacino condiviso dell’Indo è la seconda falda acquifera più utilizzata al mondo. Tuttavia, le eccessive estrazioni mettono a rischio, nel lungo periodo, la disponibilità d’acqua per l’intero bacino. Nella regione bagnata dall’Indo, può sembrare paradossale che il Pakistan si attesti come uno dei Paesi più stressati al mondo dal punto di vista idrico. Nonostante il Pakistan disponga di acqua a sufficienza per soddisfare i bisogni della sua popolazione, milioni di pachistani continuano a non beneficiare dell’accesso all’acqua (Figura 1).

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), una persona deve poter aver accesso a una quantità d’acqua compresa tra i 50 e i 100 litri al giorno, per una vita dignitosa [4].   Considerando la popolazione del Pakistan, il Paese necessiterebbe ogni anno tra i 3,5 e i 7 milioni di acri (MAF) di acqua per soddisfare la sua domanda interna collettiva [5]

Nonostante le variazioni delle stime, la disponibilità idrica annuale collettiva del Pakistan ammonta a circa 193 MAF [6].  Come anticipato, a differenza dell’India, inoltre, il Pakistan dipende quasi esclusivamente dall’Indo: circa il 90% del cibo e il 65% dell’occupazione del Pakistan provengono dall’agricoltura e dall’allevamento. In aggiunta a ciò, le aree meridionali del Paese sono particolarmente vulnerabili rispetto all’approvvigionamento idrico derivante dal bacino, esponendo le comunità locali al rischio di tensioni sociali.

Fig. 3: Uso intersettoriale dell’acqua in Pakistan
https://www.stimson.org/2023/pakistans-political-economy-perpetuates-its-water-crisis/

Accanto ad una cattiva gestione delle risorse idriche, le conseguenze dei cambiamenti climatici concorrono alla comparsa di situazioni di ‘stress’ idrico. A questo proposito, si prevede che i ghiacciai dell’Himalaya, che alimentano il bacino dell’Indo, diminuiranno ulteriormente nei prossimi anni. Questa riduzione causerà un aumento temporaneo del flusso d’acqua, ma impoverirà, nel lungo periodo, la ricarica delle falde acquifere, riducendo così le risorse idriche disponibili [7]. Si stima, infatti, che la portata dell’Indo diminuirà dell’8% entro il 2050. Allo stesso tempo, si presume che il ritmo e l’intensità delle piogge durante i monsoni diventeranno sempre più irregolari, incrementando i rischi di alluvione.

Un tale scenario farebbe presupporre un inasprimento delle tensioni politiche fra le due super potenze rispetto alla distribuzione dell’acqua e alla gestione dei flussi. Negli anni l’acqua è già stata strumento di tensione tra i due Paesi. Effettivamente, il Pakistan, in risposta ai vari progetti di costruzione di dighe indiane, che avrebbero modificato il flusso d’acqua verso valle, ha più volte rivolto diversi appelli alle istituzioni internazionali sulle presunte violazioni indiane del Trattato.

La prima occasione, fu quando il Pakistan avanzò alla Banca Mondiale la richiesta di nominare un esperto neutrale, dopo aver espresso preoccupazioni per la realizzazione della diga indiana di Baglihar sul fiume Jhelum. Secondo il Pakistan, questi progetti idroelettrici avrebbero fornito agli ingegneri indiani un maggiore controllo sul flusso del fiume rispetto a quanto consentito dal Trattato. L’esperto neutrale, però, ha approvato i piani di costruzione dell’India nel 2007 [8].

In un secondo momento, il Pakistan è tornato a rivolgersi alla Banca Mondiale invocando la convocazione di una Corte Arbitrale per pronunciarsi sulla realizzazione della diga indiana di Kishanganga su un affluente del fiume Jhelum. La sentenza della Corte Permanente di Arbitrato dell’Aja del 2013 ha accordato all’India il diritto di terminare il progetto, seppur non schierandosi completamente dalla parte di alcuno dei due Paesi [9].

Fig. 4: Diga idroelettrica di Baglihar
Fig. 5: Costruzione della diga di Kishanganga

Il clima di tensione tra India e Pakistan è esploso nuovamente nel 2016, con un attacco terroristico nella città di Uri nella regione del Kashmir. In questa occasione, l’India ha cancellato la propria partecipazione alla riunione della Commissione Permanente dell’Indo (PIC) [10] e, nel contempo, ha convocato un incontro per modificare o annullare il Trattato sulle acque dell’Indo. Allo stesso modo, l’India ha accelerato lo sviluppo di tre progetti idrici che includono la costruzione della diga Shahpur-Kandi e dell’UJH in Jammu e Kashmir e un secondo collegamento Sutlej-Beas nel Punjab [11].

Nel 2016, il Pakistan ha consultato la Banca Mondiale per la nomina di un altro tribunale arbitrale affinché si pronunciasse sulla costruzione della diga indiana di Ratle sul fiume Chenab; di contro, l’India spingeva per la designazione di un esperto neutrale. Con grande disappunto dei funzionari indiani, la Banca Mondiale ha deciso di avviare contemporaneamente entrambi i processi nel 2017, nominando gli esperti chiave nell’ottobre 2022.

Fig. 6: Progetto di collegamento Sutlej-Beas

I dirigenti indiani hanno minacciato di ignorare qualsiasi parere del tribunale arbitrale. La vulnerabilità del rapporto tra India e Pakistan in tema idrico è ulteriormente emersa nel 2019, a seguito di un attacco terroristico, rivendicato dalla milizia pakistana Jaish-e Mohammad, a Pulwama (territorio del Kashmir amministrato dall’India), in cui hanno perso la vita 46 membri della polizia paramilitare indiana. La risposta politica indiana è giunta attraverso le parole dell’allora Ministro delle risorse idriche, Nitin Gadkari, il quale ha minacciato di interrompere il flusso d’acqua verso il Pakistan, estinguendo il Trattato sulle acque dell’Indo [12].

La formulazione del Trattato non prevede, però, che uno dei due Paesi receda unilateralmente dal patto. L’articolo XII del Trattato prevede infatti che: “Le disposizioni del presente Trattato, come modificate ai sensi delle disposizioni del paragrafo (3), continueranno ad essere in vigore fino alla loro cessazione per effetto di un trattato debitamente ratificato e concluso a tal fine tra i due governi”. Il 25 gennaio 2023, l’India ha avanzato, per la prima volta nella storia del patto, la richiesta di modificare il Trattato attraverso la Commissione Permanente dell’Indo.  Nel dettaglio, Nuova Deli avrebbe espressamente chiesto al Pakistan di rinegoziare i termini della risoluzione delle controversie. Tale istanza potrebbe essere strumentalizzata dall’India quale merce di scambio nel tentativo di perpetrare la pressione sul Pakistan su altre questioni politiche.

Conclusioni

L’analisi della gestione idrica tra India e Pakistan mette in luce l’esigenza di una modernizzazione e di un adeguamento del Trattato sulle Acque dell’Indo alle circostanze climatiche e alle politiche ambientali. L’accordo, infatti, non considera gli effetti del cambiamento climatico sulla disponibilità idrica complessiva e sulla sua distribuzione nella regione. Al contrario, sarebbe auspicabile, nel contesto attuale, che l’accordo preveda provvedimenti preventivi ai disastri naturali, sempre più frequenti e intensi in questo territorio.

Il Trattato, inoltre, non sancisce un limite sulla quantità di dighe che Nuova Deli potrebbe costruire sul bacino dell’Indo, manca di indicazioni, per giunta, sull’ammontare della distribuzione d’acqua tra i due Stati, concedendo così un espediente per un potenziale sovrasfruttamento indiano. L’estesa diffusione di dighe e impianti idroelettrici indiani rappresenta, infatti, non solamente una vantaggiosa fonte di energia, ma anche una minaccia permanente per i fragili equilibri geopolitici regionali.

Le carenze normative del Trattato rilanciano, quindi, la necessità di discutere e approvare leggi internazionali sulla governance di fiumi e laghi transfrontalieri, anche alla luce delle tensioni politico-sociali tra i due Stati che indeboliscono l’efficacia e l’operato dell’accordo stesso mettendo a rischio anche le relazioni di cooperazione.

Come ripercorso in questo report, le antiche rivalità tra i due Paesi, dovute soprattutto all’appartenenza del territorio del Kashmir, sono mutate nel tempo in una contesa per le risorse idriche. In Pakistan la questione idrica suscita una forte e costante partecipazione che alimenta la propaganda anti-indiana. In India, invece, la presenza di importanti infrastrutture idriche assume diverse valenze strategiche: garantisce acqua corrente alle famiglie indiane, assicura l’irrigazione dei campi coltivati, fornisce energia e contribuisce all’ammodernamento e allo sviluppo tecnologico della nazione. Jawaharlal Nehru, leader dell’indipendenza indiana, presentò, tre anni dopo la firma del Trattato (1963), la diga di Bhakhra sul fiume Satluj, il primo grande impianto idroelettrico indiano, come “un tempio dell’India moderna” [13].

Oggi più che mai, l’India ha compreso la necessità e il ritorno strategico della gestione politico-economica dell’acqua. Tale consapevolezza risponde a varie esigenze strategiche indiane: garantisce uno sviluppo interno e affronta la difficoltà nazionale di assicurare un accesso equo e sufficiente delle risorse idriche alla sua ampia popolazione, ma, allo stesso tempo, fortifica l’immagine indiana a livello internazionale quale nazione matura e all’avanguardia, in un momento storico in cui l’India cerca un proprio ruolo geopolitico sempre più determinante nelle dinamiche mondiali.

In occasione della Conferenza sull’acqua delle Nazioni Unite del 2023, il Ministro Gajendra Singh Shekhawat ha annunciato che l’India prevede di investire più di 240 miliardi di dollari [14] nel settore idrico. L’India sta anche lavorando, in collaborazione con privati, start-up e associazioni di utenti dell’acqua, all’attuazione del più grande programma di riabilitazione di dighe al mondo, per costruire infrastrutture di stoccaggio dell’acqua, fondamentali per la resilienza climatica.

La prospettiva di crescita dell’India nel settore idrico, unita a un contesto di crisi del multilateralismo e di una carente legislazione internazionale per la gestione trans-frontaliera delle risorse idriche, spinge al rafforzamento degli strumenti di cooperazione bilaterale per raggiungere un nuovo modello di gestione del bacino, che può essere riassunto nel concetto di “Industan[15]. Tale neologismo incita a considerare e a governare il bacino dell’Indo come una risorsa unica, integrata e condivisa, per scongiurare fratture idro-diplomatiche che potrebbero condurre a un più ampio deterioramento delle relazioni bilaterali, mettendo a rischio il faticoso cessate il fuoco conquistato in Kashmir.


[1] Food and Agriculture Organization of the United Nations, “AQUASTAT, FAO’s Global Information System on Water and Agriculture”, 2011: https://www.fao.org/aquastat/en/countries-and-basins/transboundary-river-basins/indus.

[2] Climate Diplomacy, “Water conflict and cooperation between India and Pakistan”: https://climate-diplomacy.org/case-studies/water-conflict-and-cooperation-between-india-and-pakistan.

[3] Aljazeera, “India reiterates plan to stop sharing water with Pakistan”, 2019: https://www.aljazeera.com/news/2019/2/21/india-reiterates-plan-to-stop-sharing-water-with-pakistan.

[4] United Nations, Resolution A/RES/64/292, “The Human Right to Water and Sanitation”, 2010: https://www.un.org/waterforlifedecade/pdf/human_right_to_water_and_sanitation_media_brief.pdf.

[5] Uzair Sattar, “Pakistan’s Political Economy perpetuates its Water Crisis”, STIMSON, 2023: https://www.stimson.org/2023/pakistans-political-economy-perpetuates-its-water-crisis/.

[6] U.S. Institute of Peace, “Understanding Pakistan’s Water-Security Nexus”, 2013:  https://www.usip.org/sites/default/files/PW88_Understanding-Pakistan’s-Water-Security-Nexus.pdf

[7] Dhanasree Jayaram, “Why India and Pakistan need to review the Indus Waters Treaty”, Climate Diplomacy, 2016: https://climate-diplomacy.org/magazine/cooperation/why-india-and-pakistan-need-review-indus-waters-treaty

[8] Daniel Haines, “India and Pakistan are playing a dangerous game in the Indus Basin”, United States Institute of Peace, 2023: https://www.usip.org/publications/2023/02/india-and-pakistan-are-playing-dangerous-game-indus-basin.

[9] Idem.

[10] Commissione bilaterale composta da funzionari dell’India e del Pakistan, istituita dal Trattato.

[11] Debayan Roy, “Can India unilaterally revoke Indus Water Treaty with Pakistan”, News18, 2022: https://www.news18.com/news/india/can-india-revoke-indus-water-treaty-unilaterally-news18-explainer-2045325.html

[12] Aljazeera, “India reiterates plan to stop sharing water with Pakistan”, 2019: https://www.aljazeera.com/news/2019/2/21/india-reiterates-plan-to-stop-sharing-water-with-pakistan

[13] Adriano Marzi, “L’acqua contesa tra Pakistan e India”, Nuova ecologia, 2019: https://www.lanuovaecologia.it/acqua-contesa-tra-pakistan-e-india/.

[14] Smart Water Magazine, “India to invest over $240 billion in water sector”, 2023: https://smartwatermagazine.com/news/smart-water-magazine/india-invest-over-240-billion-water-sector.

[15] Institute for Water, Environment and Health, dell’Università delle Nazioni Unite (UNU-INWEH) ha pubblicato, su Springer, il report “Imagining Industan”.

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