* L’immagine di copertina di questo report è stata presa dal sito Kenya Vacanze, consultabile al seguente link: https://www.kenyavacanze.org/mare/isole-del-lago-vittoria/
Con i suoi quasi 69.000 km² di superficie, il Lago Vittoria è il più grande bacino idrico del continente africano ed il secondo lago d’acqua dolce a livello globale, secondo solo al Lago Superiore, situato a cavallo tra Stati Uniti e Canada. Suddiviso sul territorio di tre Paesi, Tanzania (51%), Uganda (43%) e Kenya (6%), il Lago Vittoria risulta essere anche il più grande lago tropicale al mondo, dimora di numerose specie animali e vegetali, molte delle quali endemiche. Pur trattandosi di un lago veramente esteso, si noti che non è per nulla profondo. La profondità media, infatti, si attesta sui 42/43 metri con picchi massimi che non superano gli 84 metri. Non è molto, soprattutto se si raffrontano tali numeri con quelli di altri grandi laghi. Per avere un’idea, si tenga presente che il Lago Bajkal, grande specchio d’acqua russo situato nella Siberia meridionale e dotato di un’estensione pari a circa la metà del Vittoria, ha una profondità media di circa 700 metri con picchi che raggiungono gli oltre 1.600.
Il Vittoria svolge un ruolo importantissimo per circa trenta milioni di persone che risiedono lungo le sue lunghissime coste, circa 4.828 chilometri totali. La rilevanza del lago può essere quantificata sotto vari ambiti, soprattutto da un punto di vista socioeconomico, ittico e di approvvigionamento idrico. La pesca è la principale attività economica per coloro che vivono in prossimità di questa grande massa d’acqua. Oltre 2 milioni di persone provenienti dai tre Paesi che ne condividono la superficie lavorano quotidianamente in questo settore. L’alta pescosità del lago ha garantito per decenni una notevole produttività per l’industria ittica locale. Proprio a questo proposito, si tenga presente che i pesci del Lago Vittoria fanno parte ogni anno della dieta di quasi 22 milioni di persone, contribuendo così a ridurre l’insicurezza alimentare nella regione. Il persico del Nilo (Lates Niloticus) è il principale pesce che viene regolarmente pescato nel Vittoria; se ne pesca così tanto che oltre ad apportare un decisivo contributo alla vendita nei mercati locali, il Lates Niloticus viene esportato in grandi quantità verso mercati esteri, tra cui il Medio Oriente, l’Europa e il Nord America. La presenza di questo pesce nelle acque del Lago Vittoria è dovuta al Nilo Bianco, il principale emissario del lago. I persici, risalendo la corrente del fiume, trovano un naturale sbocco nelle vaste lagune del Vittoria, contribuendo a renderlo oltremodo pescoso. Tale pesce può raggiungere dimensioni a dir poco ragguardevoli e, non di rado, arriva a misurare i 2 metri di lunghezza per 200 kg di peso. Ciò garantisce, dunque, una preziosa risorsa alimentare per molte famiglie africane.
Oltre al fiorente settore ittico è opportuno tenere in considerazione il grande ruolo che il Lago Vittoria svolge anche da un punto di vista energetico. Le acque del lago, infatti, sono ampiamente sfruttate per produrre energia idroelettrica a Owen Falls, in Uganda. Costruite tra il 1951 e il 1954, le centrali elettriche di Owen Falls possono generare 260 Megawatt di energia elettrica, prodotta interamente tramite lo sfruttamento dell’energia cinetica provocata dall’acqua che scorre. Si tratta di una fonte “pulita” che consente all’industria ugandese di usufruire di un’importante risorsa energetica da utilizzare nei processi produttivi. In alcuni casi, l’energia idroelettrica prodotta a Owen Falls viene importata dal Kenya, favorendo la cooperazione economico-energetica tra due importanti Paesi dell’Africa centromeridionale.
Inquinamento, tensioni diplomatiche ed incidenti sul Lago Vittoria. L’impatto dell’uomo
Sfera ambientale
L’operato dell’uomo ha spesso degli effetti non positivi sull’ambiente. Incuria, eccessivo sfruttamento, mancato rispetto di norme ecologiche e altri fattori riconducibili ad azioni umane possono avere degli impatti molto negativi su interi ecosistemi. Sfortunatamente, il Lago Vittoria è un chiaro esempio di quanto gli esseri umani possano mettere a rischio una risorsa oltremodo indispensabile, sotto molti punti di vista, per diversi milioni di individui. Ciò che da qualche tempo si sta verificando nelle acque del lago è molto preoccupante, soprattutto viste le molteplici crisi provocate dall’uomo sia all’interno del Lago Vittoria, sia per ciò che concerne l’intero bacino lacustre. Quest’ultimo, è opportuno ricordarlo, è assai vasto e rilevante da un punto di vista socioeconomico: ricopre quasi 240.000 km² e si estende ben oltre le coste, già di per sé decisamente significative.
Il primo fattore negativo ascrivibile alla diretta azione dell’uomo riguarda la sfera ambientale. Oggigiorno, il Vittoria è di fatto uno dei laghi più inquinati del continente africano. La grande estensione che lo contraddistingue impedisce che si possa parlare di una vera e propria “crisi ambientale”. Per avere un’idea della grandezza di questo lago si prenda come riferimento la superficie italiana: il nostro Paese ha un’estensione di circa 301.000 km². Ebbene, il Lago Vittoria (69.000 km²) è grande poco meno di un quarto dell’Italia. Come si può immaginare, si tratta di una massa d’acqua veramente rilevante; questa grandezza comporta una sostanziale “diluizione” delle sostanze che incautamente vengono rilasciate nelle sue acque, impedendo di fatto di giungere ad una vera situazione critica da un punto di vista ambientale.
D’altronde, non si può fare a meno di sottolineare un preoccupante trend che ha contraddistinto il lago da qualche anno a questa parte. Secondo il Daily Nation, principale quotidiano del Kenya, il Lago Vittoria è letteralmente un “pozzo dei veleni”[1]. L’inchiesta del giornale keniota è stata pubblicata nel febbraio 2020 ed ha sollevato molte polemiche a livello continentale. In 16 pagine ben documentate e supportate da evidenze scientifiche, il Daily Nation ha espresso una valutazione oltremodo critica sull’attuale situazione ambientale afferente al più grande lago tropicale del mondo. Espressioni del calibro di Lake of poison (Lago di veleno) o Rotting from the deep (Marcio dal profondo) erano ricorrenti nel dossier keniota, segno inconfondibile di un giudizio estremamente negativo attribuito a vaste porzioni del lago. I motivi di questa netta presa di posizione da parte del giornale keniota sono vari.
Innanzitutto, uno dei maggiori immissari del lago – il fiume Kisat – è il principale responsabile dell’inquinamento del Vittoria per via fluviale. Il Kisat, medio-grande corso d’acqua che sfocia nelle acque del lago, raccoglie sostanzialmente tutti i rifiuti umani e le scorie industriali prodotti dalla città di Kisumu, la terza del Kenya dopo Nairobi e Mombasa. In aggiunta, il fiume riversa nel lago anche tutti i liquami che passano dall’impianto di depurazione della Water and Sewerage Company (Kiwasco) che, tra l’altro, pompa successivamente la stessa acqua poco lontano e la depura per venderla a centinaia di migliaia di persone residenti nel bacino idrico lacustre[2]. Oltre a ciò, non va trascurato che nel lago finiscono i rifiuti della fogna di Kodiaga, prigione di massima sicurezza che contiene circa 3.000 detenuti. Il sistema fognario, costruito negli anni Cinquanta in epoca coloniale, non funziona sostanzialmente più dal 2008. Da allora nessun intervento è stato programmato per evitare che i liquami finiscano nel lago attraverso il fiume. Come se non bastasse, lo stesso succede per i liquami prodotti dall’università di Maseno, frequentata da migliaia di studenti, dove non esiste un sistema di trattamento delle acque nere. Come rilevato dal dossier keniota, la prigione e l’università contribuiscono notevolmente all’inquinamento del lago, che si trova di fatto esposto in via diretta allo sversamento di centinaia di kg di rifiuti organici nelle sue acque ogni anno[3].
Come riportato dal sito Nigrizia, i ricercatori ingaggiati dal Daily Nation – il professor James Mbaria, 26 anni di esperienza in farmacologia e tossicologia, e il dottor Nduhiu Gitahi, esperto in gestione dei rifiuti umani, sicurezza del cibo e qualità dell’acqua per usi domestici – hanno constatato una situazione decisamente critica[4]. Stando ai due studiosi, l’inquinamento di cui è ormai oggetto il lago da diversi anni a questa parte raggiunge anche le acque profonde nel centro del Vittoria. Una tabella dettagliata riporta gli elementi individuati in numerose località, sia nelle acque del Kenya che dell’Uganda. A questo proposito, gli specialisti hanno individuato diversi elementi tossici, nocivi non solo per la vegetazione lacustre, i pesci e gli altri animali acquatici, ma anche per l’uomo[5]. Come evidenziato anche da un’inchiesta di Repubblica[6], metalli pesanti e pesticidi sono stati trovati in notevoli quantità nei pesci del lago. Nei campioni di pesci esaminati sono state riscontrate tracce sopra i limiti internazionali di 13 metalli pesanti, tra cui piombo, cadmio, ferro, rame e manganese. Inoltre, sono state rinvenute anche tracce di 19 pesticidi – il pyridaphenthion, un insetticida usato in agricoltura, è presente nell’80% dei campioni di pesce esaminati – per i quali non esistono per ora standard globalmente accettati, riguardo alla presenza in prodotti per l’alimentazione umana.
Un altro aspetto relativo alla sfera ambientale riguarda l’introduzione massiccia del Giacinto d’acqua (nome latino: Eichhornia crassipes) nel lago. Questa pianta, non originaria del bacino lacustre in questione e introdotta dall’uomo diversi decenni fa, risulta responsabile di molti danni ambientali che si stanno verificando nel bacino del Lago Vittoria.
L’Eichhornia crassipes è originaria del bacino del Rio delle Amazzoni ma è stata introdotta in numerosi Paesi delle aree tropicali e temperate del mondo, come pianta ornamentale, assumendo in molti casi atteggiamenti da specie invasiva. In Africa, nello specifico, la specie fu inizialmente introdotta proprio per scopi ornamentali in Egitto nel XIX Secolo. La prima segnalazione nel Nilo risale al 1958 e da lì si è rapidamente estesa alle aree limitrofe, tra cui anche il Lago Vittoria. Qui la pianta è stata segnalata per la prima volta nel 1988. In mancanza di competitori naturali, è divenuta un serio problema ecologico, dal momento che contribuisce a diminuire lo spazio disponibile per i pesci, arrivando persino a creare problemi di accessibilità al porto di Kisumu.
Il Giacinto d’acqua, seppur da molti considerato come una pianta di gradevole aspetto, è una specie che danneggia non poco l’ecosistema in cui viene introdotta. Stante l’assenza di animali che se ne cibano – molto presenti nel gigantesco bacino amazzonico che dunque ne limitano la diffusione – tale pianta può letteralmente alterare le caratteristiche ambientali di interi bacini fluviali o lacustri. Per avere un’idea chiara di ciò si consideri che, in condizioni favorevoli, una singola pianta in 50 giorni può arrivare a produrne altre 3.000 e a ricoprire un’area di 600 m² in un anno, con conseguenze non solo ambientali, ma anche economiche e sanitarie. I suoi fitti tappeti galleggianti impediscono la penetrazione della luce, ostacolando la crescita delle specie vegetali sommerse e riducendo la quantità di ossigeno nell’acqua, modificano il ciclo dei nutrienti e la velocità di sedimentazione con un grave impatto sulla fauna e la flora acquatica. Inoltre, la pianta rilascia nell’acqua sostanze chimiche che contrastano la crescita di altri organismi, provocando una riduzione della biodiversità[7].
La proliferazione del giacinto d’acqua ha un forte impatto anche sulle attività umane: impedisce la pesca, può ostacolare la navigazione delle imbarcazioni più piccole o poco potenti e interferire con gli approvvigionamenti idrici urbani e rurali. Infine, le sue masse galleggianti costituiscono un habitat ideale per la riproduzione di zanzare e molluschi che, soprattutto nelle regioni tropicali, sono importanti vettori di patogeni e parassiti potenzialmente pericolosi per l’uomo. In virtù della sua grande pericolosità sia per l’ambiente sia per gli esseri umani in via diretta, i regolamenti europei – recepiti anche dall’Italia – vietano la commercializzazione, la coltivazione e anche la detenzione del Giacinto d’acqua sul territorio dell’Unione Europea.
Tensioni diplomatiche sul Lago Vittoria
Il secondo fattore negativo è riconducibile alla sfera diplomatica. Come detto, il Vittoria è un grande lago la cui superficie è suddivisa in tre diversi Paesi centro-africani. Come tutti i bacini idrici trans-frontalieri, anch’esso è soggetto alle tensioni diplomatiche tra gli Stati che, loro malgrado, sono costretti a condividere porzioni di fiumi o laghi. In concreto, gli scontri più accesi si sono verificati tra Kenya ed Uganda per il controllo del minuscolo isolotto di Migingo. Grande appena un quarto di ettaro, è da anni al centro di un’aspra contesa tra le due nazioni per motivi inerenti a questioni ittiche. Su questo sperone di roccia, la cui forma ricorda vagamente quella di una tartaruga di latta, decine di famiglie di pescatori sono ammassate in un groviglio di baracche con un porticciolo, qualche bar e, persino, un bordello.
Come si evince dalla Fig. 8, l’isola di Migingo non ha particolare rilevanza territoriale. Si tratta, infatti, di un piccolo guscio di lamiere posato sulle placide acque argentate del Lago Vittoria che si attraversa a piedi in meno di un minuto, intorno al quale gravitano poche decine di barche di legno. Queste ultime sono usate in massa dagli abitanti dell’isola (circa 300 persone) per pescare il già citato pesce persico del Nilo, molto abbondante nelle acque circostanti la piccola isola. A tal riguardo, preme sottolineare che proprio la pesca è stata la principale causa delle tensioni scaturite fra Kenya ed Uganda per il controllo di Migingo.
Negli ultimi decenni il settore ittico nella minuscola “isola di latta” ha subito un’impennata. Ciò ha attirato nel corso del tempo varie famiglie di pescatori che hanno deciso di stabilirsi in loco e di avviare proficue attività imprenditoriali. Insieme ai pescatori, tuttavia, sono giunti anche diversi gruppi di pirati lacustri, desiderosi di saccheggiare quest’isolotto che, nel giro di poco tempo, aveva sviluppato un’economia vibrante. Qualche tempo fa, l’Uganda ha dislocato un contingente armato a sorvegliare l’isola (ufficialmente per proteggere i pescatori dai pirati) e ha imposto delle tasse sulla pesca. La risposta del Kenya non si è fatta attendere. Il governo di Nairobi ha a sua volta rivendicato il dominio sull’isola e il diritto di esigere tributi. Tale situazione, che dura da oltre un decennio, è diventata paradossale, dal momento che su un territorio poco più grande di uno scoglio sono state costruite delle vere e proprie rappresentanze da parte dei due Paesi aventi una funzione politico-diplomatica.
Nel 2009 Kenya e Uganda avevano cercato di trovare una soluzione che fosse quanto più possibile pacifica, creando una commissione congiunta per determinare i rispettivi diritti su questo fazzoletto di terra. Attualmente, tuttavia, dopo più di dodici anni le parti non sono ancora arrivate ad una risoluzione definitiva. Nel frattempo, sull’isola cogestita non sono mancate scaramucce e scontri che, se mal governati, avrebbero potuto far precipitare in uno spinoso conflitto due attori regionali di assoluto livello. L’ultimo episodio di una certa importanza si è verificato nel 2019, quando le forze di sicurezza ugandesi hanno respinto un tentativo delle autorità keniote di alzare una bandiera sull’isola. John Obunge, capo dell’unità di gestione della spiaggia di Migingo, in quell’occasione dichiarò che: “(gli Ugandesi) hanno tirato giù la bandiera e hanno ammonito la polizia keniota schierata sull’isola dal ripetere tali tentativi di nuovo”[8]. Per evitare un’escalation, le forze di sicurezza keniote si sono astenute dal perpetuare altre azioni di questo tipo. Dal canto loro, anche i Kenioti lamentano un’eccessiva ingerenza da parte dell’Uganda negli affari dell’isola di Migingo. Stando alle dichiarazioni di James Orengo, il leader della minoranza nel senato di Nairobi: “Le forze ugandesi continuano a compiere arresti arbitrari di pescatori e agenti di polizia del Kenya, eppure il governo tace”. Orengo, avvocato e noto attivista per i diritti umani, ha inoltre proposto di presentare alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) un esposto da parte keniota per risolvere una volta per tutte questa difficile situazione[9].
Incidenti e naufragi sul Lago Vittoria
Il terzo ed ultimo fattore negativo analizzato in questo report riguarda i numerosi e tragici incidenti che sovente si verificano nelle acque del lago. Le norme di sicurezza in materia di trasporto lacustre raramente vengono rispettate da parte degli armatori; per realizzare facili guadagni capita purtroppo molto spesso che traghetti o barche in grado di trasportare un determinato peso vengano caricati oltremisura di merci e persone. In alcuni casi il peso trasportato supera di svariate volte quello consentito dalla capienza ordinaria. Oltre a ciò, si tenga presente che le barche utilizzate sono nella maggior parte dei casi vecchie, malfunzionanti e usurate da anni di utilizzo ed incuria. Queste caratteristiche costituiscono purtroppo la normalità degli spostamenti che si verificano lungo le coste del Vittoria. In virtù di questa situazione difficile non sono rari gli incidenti che causano spesso svariate vittime e dispersi. A tal proposito, secondo l’organizzazione Lake Rescue, ogni anno ci sarebbero almeno 5.000 annegati in incidenti giornalieri che non arrivano neppure sulle pagine della cronaca locale.
Dunque, oltre ai quotidiani casi di affondamento, si segnalano due eventi che hanno avuto rilevanza internazionale. Il primo è accaduto di recente; il 20 settembre 2018 si verificò un grave incidente durante un viaggio tra le isole di Ukerewe e Ukara che vide coinvolto il traghetto MV Nyerere. Stando agli armatori della Tanzanian Electrical, Mechanical and Services Agency (TEMESA), l’imbarcazione era omologata per il trasporto di 100 persone e 25 tonnellate di merci ed era in servizio dal 2004. In realtà, si stima che i passeggeri fossero almeno 400. Inoltre, secondo testimonianze di alcuni sopravvissuti, il Nyerere avrebbe trasportato anche un camion con un pesante carico di mais e cemento, aggiungendo dunque molto peso su un traghetto già sovraccarico[10]. Il carico eccessivo ha fatto sì che il traghetto si capovolgesse durante il tragitto, causando la morte di oltre 228 persone.
Questo tragico incidente, che ha destato l’attenzione di molti media internazionali, non è stato neanche il più grave della storia del Vittoria. Nel 1996 si verificò un naufragio in condizioni simili ma con un bilancio ancora più grave. In quel caso ad affondare fu il MV Bukoba, un traghetto entrato in funzione nel 1979 che faceva numerosi viaggi mensili nelle acque del lago. Anche allora l’incidente fu attribuito al sovraccarico: un’imbarcazione con una capienza di 430 passeggeri veniva sistematicamente sovraccaricata con diverse centinaia di persone extra che gravavano enormemente sullo scafo. Il 21 maggio 1996, con una dinamica molto simile a quanto si verificò nel settembre 2018 con il Nyerere, il traghetto si rovesciò causando la morte di 894 persone. Fu una vera e propria strage, una delle più gravi nella storia dei disastri navali.
Il problema della sicurezza della navigazione nel lago è grave, tanto che la Commissione del Bacino del lago Vittoria aveva assicurato 35,8 milioni di dollari per il suo miglioramento. Il progetto prevedeva un sistema di comunicazione centralizzato e 22 stazioni per l’intervento in caso di emergenza. Ma per ora nulla sembra essere stato fatto, visto che, come detto, sono molti gli incidenti quotidiani che spesso non vengono nemmeno denunciati.
Conclusione
Come analizzato in questo report, il Lago Vittoria rappresenta una preziosissima risorsa idrica per svariati milioni di Africani. Sfortunatamente, oggigiorno questa massa d’acqua così massiccia e rilevante non sta attraversando un momento florido. Le principali ragioni di questa complessa situazione sono in larghissima parte ascrivibili all’operato dell’uomo. Infatti, contrariamente a quanto si verifica in altri grossi bacini, in cui riduzioni del livello idrico o altri eventi negativi sono generati da cause naturali[11], il Vittoria versa in condizioni non ottimali quasi esclusivamente per colpa di attività umane. Inquinamento, tensioni diplomatiche e tragici incidenti rendono il più grande lago tropicale del mondo un luogo assai difficile, a tratti persino inospitale. La sua gestione trans-frontaliera, tra l’altro, complica ulteriormente il quadro generale, visto che, come detto, sono ben tre gli Stati che ne condividono le acque. La differente strategia politica degli attori nazionali in questione rende ogni misura di contrasto all’inquinamento lenta e spesso tardiva, come testimonia il caso del Giacinto d’acqua. La pericolosità di una pianta che ha di fatto danneggiato il lago per decenni è stata riconosciuta soltanto di recente da tutti e tre gli Stati che si affacciano sul Vittoria. Ciò ha inevitabilmente compromesso intere porzioni del lago, rese oggi difficilmente attraversabili da imbarcazioni poco potenti.
Le tensioni diplomatiche per il controllo dell’isola di Migingo, in aggiunta, sono una seria preoccupazione per la stabilità politica dell’intero bacino idrico, oltre che per la regione centro-meridionale dell’Africa sub-sahariana. I motivi per cui Kenya ed Uganda si scontrano possono sembrare futili e di poco conto. In fondo, si tratta del controllo di poco più di uno scoglio e qualche baracca di lamiera. In realtà, i conflitti politici e diplomatici tra le due nazioni si inseriscono in una cornice ben più ampia, che afferisce al ruolo dominante che i due attori vogliono giocare a livello geopolitico locale. Proprio l’isola di Migingo potrebbe dunque costituire una pericolosa polveriera in grado di provocare un’escalation difficile da controllare.
Anche per quanto riguarda il trasporto lacustre, come si è visto, la situazione è molto complicata. L’assenza di regole ferree in merito all’utilizzo di barche idonee al trasporto di merci e persone, unita alla voracità degli armatori locali di realizzare facili guadagni a fronte di poche garanzie sulla sicurezza, ha causato gravissimi incidenti che sono costati la vita a centinaia di persone. Se a ciò si somma la quotidiana sequela di incidenti che causano, come analizzato, 5.000 morti ogni anno, si comprende come il trasporto sul lago sia un settore in grande difficoltà.
Insomma, il Lago Vittoria recentemente è assurto agli onori della cronaca per tutta una serie di eventi che hanno peggiorato l’esistenza di molte persone invece di migliorarla. Se ne prende atto con dispiacere, visto che questo grande bacino rappresenta il più grande punto di approvvigionamento idrico dell’Africa sub-sahariana e che dunque potrebbe servire per incrementare il tenore di vita di tantissime famiglie. A parte, infatti, le centrali idroelettriche di Owen Falls e l’alta pescosità del persico del Nilo, il Vittoria non apporta alcun miglioramento tangibile. Anzi, come purtroppo testimoniano dati, report ed inchieste, questo lago versa attualmente in condizioni critiche.
[1] https://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2020/02/25/news/lago_vittoria-249545748/.
[2] https://www.omicsonline.org/open-access/physicochemical-properties-of-river-kisat-lake-victoria-catchment-kisumu-county-kenya-2573-458X-1000137-95703.html.
[3] https://www.nigrizia.it/notizia/lago-vittoria-un-pozzo-di-veleni.
[4] https://www.nigrizia.it/notizia/lago-vittoria-un-pozzo-di-veleni.
[5] http://paper.netnoc.it/ispra/2018/05/22/il-giacinto-dacqua/.] La pesca, l’attività più importante per le popolazioni rivierasche e significativa anche nell’economia del paese, potrebbe essere drammaticamente colpita da questa difficile situazione ambientale.
[6]Bruna Sironi, Lago Vittoria, un pozzo di veleni, marcio nel profondo, tra liquami umani e industriali, in “Repubblica”, 25 febbraio 2020. L’articolo in cui si affronta in maniera dettagliata la vicenda è consultabile al seguente link: https://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2020/02/25/news/lago_vittoria-249545748/.
[7] http://paper.netnoc.it/ispra/2018/05/22/il-giacinto-dacqua/.
[8] https://www.notiziegeopolitiche.net/migingo-lisolotto-sofraffollato-conteso-da-kenya-e-uganda/.
[9] https://www.notiziegeopolitiche.net/migingo-lisolotto-sofraffollato-conteso-da-kenya-e-uganda/.
[10]https://www.nigrizia.it/notizia/tanzania-sale-il-numero-delle-vittime-del-naufragio-sul-lago-vittoria.
[11] Per citare le più comuni cause “naturali” si segnala il riscaldamento globale, l’aumento di salinizzazione delle acque, o la vaporizzazione. In realtà, anche per queste si riscontra un forte ruolo umano, sicuramente più indiretto rispetto alla situazione del Lago Vittoria.