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Il Pakistan nella morsa delle alluvioni

Ottobre 12, 2022

Alle elevate temperature che hanno surriscaldato l’Europa negli ultimi mesi, si è contrapposta la dura estate pakistana, perseguitata da piogge senza precedenti. Secondo le stime, infatti, la quantità di precipitazioni, cadute tra luglio e agosto 2022, ha superato il volume totale delle piogge registrate a luglio, agosto e settembre 2021.

Il 31 agosto 2022, le analisi dei dati satellitari confermano che circa 86.600 km2 sono rimasti allagati, un’estensione territoriale che corrisponde quasi al 10% del suolo nazionale pakistano. La maggior parte delle superfici inondate segue il corso dell’Indo, il fiume che nasce dalla catena himalayana e attraversa il Paese da nord a sud, ma anche dei diversi suoi affluenti, come i fiumi Chenab e Ravi.

Secondo i climatologi, il rapido scioglimento dei ghiacciai, causato dall’aumento delle temperature, avrebbe contribuito a rendere queste inondazioni di proporzioni smisurate. Le forti piogge si sono susseguite alla grave siccità che la scorsa primavera ha colpito il Paese.

Mehar a ovest del Lago Manchar e Johi a nord-est
https://www.bbc.com/news/world-asia-62811704

Il suolo, quindi, secco per i diversi mesi di aridità e di temperature primaverili record, non è stato in grado di assorbire una tale quantità d’acqua. La chiara vulnerabilità del territorio pakistano concorre, quindi, ad aggravare le conseguenze di questi eventi climatici estremi, a cui il Pakistan non è nuovo: si ricordi, infatti, l’intensa alluvione del 2010. Tra i fattori concatenanti, è possibile menzionare la deforestazione messa in atto negli ultimi anni, la costruzione di dighe e di sistemi di irrigazione che hanno modificato i percorsi dei corsi d’acqua. Infine, c’è la fragilità delle infrastrutture, in particolare delle case, spesso costruite in aree ad alto rischio idrogeologico. La combinazione della violenza climatica e della fragilità territoriale ha procurato almeno 1.300 vittime. 

L’immagine satellitare sottostante, pubblicata da Planet Labs, Maxar Technologies e dal servizio europeo Copernicus, rivela l’entità dei danni provocati da queste inondazioni: edifici, infrastrutture, circa 900.000 capi di bestiame e più di 800.000 ettari di terreni agricoli (con oltre il 90% di raccolti persi) sono scomparsi sotto la morsa dell’acqua in varie regioni del Pakistan.

Il territorio più colpito è stato quello del Sindh, nel sud del Ppaese, dove, in un certo momento, le precipitazioni sono state superiori alla media del 508%. Nella provincia, il 57% degli abitanti non ha accesso sufficiente all’acqua potabile e l’amministrazione si trova in grande difficoltà nella gestione della catastrofe ambientale, non disponendo di piani per rafforzare le infrastrutture idrauliche e il sistema fognario. Nei primi di settembre, la rottura degli argini del Lago Manchar, nella provincia del Sindh, ha allagato due villaggi, costringendo l’evacuazione di oltre 100.000 persone. Johi, una delle città vicino al lago, ha assunto la conformazione di un’isola e la quantità di acqua circostante ha spinto i residenti a costruire una diga improvvisata per rallentare l’ingresso dell’acqua nell’area.

Una zona residenziale allagata nel distretto di Dadu, nella provincia del Sindh https://www.nytimes.com/es/2022/09/05/espanol/opinion/pakistan-inundaciones.html

Le intense alluvioni sopraggiungono in un contesto storico-sociale particolarmente sensibile in Pakistan. Alla fine del 2021, migliaia di cittadini si sono riversati per le strade di molte città per invocare il diritto all’acqua. Le gravi crisi idriche, che attraversano il paese, sono il risultato di una siccità prolungata che non solo riduce il flusso di acqua delle dighe, che rifornisce la popolazione, ma impedisce anche il corretto funzionamento dei sistemi di irrigazione.

Il problema di penuria d’acqua non è imputabile esclusivamente al cambiamento climatico.

La malagestione delle infrastrutture idriche, infatti, contribuisce ad estremizzare gli effetti: già nel 2013, per soddisfare una domanda crescente di fabbisogno d’acqua, a fronte dell’esponenziale aumento della popolazione, venivano prelevate dai serbatoi nazionali quantità d’acqua superiori alla media. Inoltre, il sistema di irrigazione del Paese riceve un tasso di efficienza inferiore al 39% e, dei 143 miliardi di metri cubi disponibili all’impianto del canale, solo 55 miliardi arrivano nei campi.

L’ultimo disastro alluvionale ha messo in luce, ancora una volta, la cruciale necessità di prestare attenzione alle infrastrutture idriche. Le attività di manutenzione e modernizzazione degli impianti idrici locali e nazionali, non solo garantirebbe una equa distribuzione d’acqua alla popolazione, ma anche una più efficace gestione delle risorse idriche in caso di emergenze, come siccità o eventi climatici estremi.

Allo stesso tempo, le inondazioni del Pakistan hanno riproposto il tema della netta disparità tra i Paesi che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico e i Paesi che ne subiscono l’impatto.

Il Pakistan produce meno dell’1% delle emissioni globali di gas serra, ma la sua geografia lo rende estremamente vulnerabile ai cambiamenti climatici. È previsto che la questione dell’(in)giustizia climatica sarà oggetto della discussione nella prossima Conferenza sui cambiamenti climatici (la COP 27), attesa a Sharm-El Sheik il prossimo novembre. 

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