* L’immagine di copertina di questo report è stata presa dal sito Volver Viaggi, consultabile al seguente link: https://www.volverviaggi.it/navigando-tra-i-ghiacciai-della-patagonia-argentina/
I ghiacciai sono una componente chiave nell’approvvigionamento idrico per molte comunità umane. Secondo varie statistiche, le cosiddette “torri d’acqua” sostengono tra gli 1,6 e gli 1,9 miliardi di persone che vivono nelle aree montane o a valle di esse. L’acqua in formato solido rappresentata dal ghiaccio, una volta sciolta al principiare delle stagioni calde, svolge un ruolo determinante nel far affluire il prezioso liquido nei fiumi, torrenti e laghi da cui molti esseri umani – e non solo – si approvvigionano. Il cambiamento climatico, fenomeno sempre più in crescita a varie latitudini del pianeta, sta mettendo in serio pericolo la tenuta strutturale di molti ecosistemi che si basano proprio sull’apporto idrico garantito dai ghiacciai. L’innalzamento delle temperature, favorito da una massiccia produzione di anidride carbonica, rende sempre più precaria la conservazione dell’acqua in formato solido. A tal proposito, recenti studi condotti utilizzando registrazioni satellitari mostrano alti tassi di perdita di massa glaciale verificatasi nel corso degli ultimi decenni[1]. Si tratta di un fenomeno esteso, i cui effetti si ripercuotono negativamente in alcune parti del Canada e della Russia artica, in Asia, in Europa, nel Nord e Sud America.
Sebbene la questione dei cosiddetti melting glaciers – letteralmente “i ghiacciai che si sciolgono” – rappresenti a tutti gli effetti una crisi globale, esistono forti variazioni da regione a regione che riflettono le condizioni atmosferiche e topografiche locali. Conseguentemente, alcune zone del mondo sono più esposte di altre alla progressiva erosione del ghiaccio, definito spesso come “oro bianco” che, una volta sciolto, si tramuta in “oro blu” per centinaia di milioni di persone che dipendono fortemente dal ciclo di approvvigionamento idrico montano. A questo proposito, basti pensare al caso rappresentato dal fiume Indo, e dal suo enorme bacino idrografico. Questa vastissima area, corrispondente a circa 1.165.000 km², è dimora di 120 milioni di persone che dipendono per oltre il 40% dall’acqua che si scioglie tutte le primavere dai ghiacciai himalayani. Potenzialmente, un’alterazione anche minima del quantitativo idrico derivante dal ghiaccio sciolto è in grado di arrecare danni incalcolabili a milioni di individui stanziati in questo quadrante asiatico. Proprio l’Asia risulta essere uno dei continenti più colpiti dagli effetti negativi dei melting glaciers. In molte di aree, infatti, sia le funzioni dell’ecosistema sia il sostentamento delle popolazioni locali dipendono da una fornitura costante di melted water – acqua sciolta – e dall’apporto di sedimenti e nutrienti ad essa associati. In altri termini, l’apporto idrico derivante dallo scioglimento del ghiaccio può essere considerato una fonte vitale, alla base della sicurezza delle risorse, del benessere e delle funzioni ambientali di molti ecosistemi.
In questo report, dopo aver evidenziato le principali criticità rappresentate dall’inesorabile erosione delle “torri d’acqua”, si tenterà di fare luce sulle possibili soluzioni per cercare di arginare questo fenomeno sempre più preoccupante. Verranno presentate sei misure – tre a breve e tre a medio-lungo termine – che, se efficacemente implementate, potrebbero ridurre gli impatti negativi che i melting glaciers hanno su ecosistemi e comunità umane. Dalla tutela dei ghiacciai, inestimabili fonti di approvvigionamento idrico, passa la tenuta ambientale e socioeconomica di miliardi di persone. L’individuazione di potenziali strategie in grado di preservare quanto più possibile questi fondamentali ecosistemi montani è un’assoluta priorità per i governi e le organizzazioni internazionali.
Lo scioglimento dei ghiacciai. Cause ed effetti
Fino a pochi anni fa, le montagne non erano viste come elementi chiave del sistema terrestre. Le foreste tropicali e gli oceani, ad esempio, hanno storicamente goduto di una sostanziale predominanza nella “classifica” degli ecosistemi da preservare. Per motivare tale presunta superiorità, si sosteneva che le foreste fossero da preservare in virtù del loro ruolo chiave nell’intrappolare l’anidride carbonica e nel rendere l’aria più respirabile. Similmente, lo stato di salute degli oceani veniva e viene tuttora costantemente monitorato per preservare quanto più possibile la biodiversità marina e tenere sotto controllo l’inquinamento causato dalla plastica, che proprio nel mare presenta i più preoccupanti casi di accumulo. Beninteso, le minacce agli ecosistemi boschivi e marini sono una questione molto seria che ha attratto l’attenzione di studiosi ed esperti per decenni. La preservazione delle foreste e degli oceani è una sfida che tutti gli esseri umani dovrebbero avere a cuore con la massima urgenza. Allo stesso tempo, tuttavia, è opportuno mettere sul medesimo piano di rilevanza la tutela degli ecosistemi montani, soprattutto intesi come fondamentali riserve idriche. Le “torri d’acqua” immagazzinano ogni inverno miliardi di m3 di risorsa che, soprattutto nel dinamico contesto demografico in cui stiamo vivendo, assumono una rilevanza crescente direttamente proporzionale all’aumento della popolazione.
Qual è la causa principale del progressivo scioglimento dei ghiacciai? Senza dubbio, il riscaldamento globale è determinante nell’erosione dei glaciers. I cambiamenti climatici influenzano sensibilmente la quantità di acqua immagazzinata nei ghiacciai di alta montagna e i percorsi che l’acqua segue mentre scorre verso valle. Secondo numerosi studi, le alte montagne si stanno riscaldando più velocemente della media del pianeta; le temperature sulle cime dell’Himalaya, per esempio, sono aumentate di quasi 3,6 gradi Fahrenheit (2 gradi Celsius) dall’inizio del secolo, rispetto a una media planetaria di “solo” 1,8 gradi Fahrenheit circa (1 grado Celsius). Questa modifica nelle temperature montane comporta un’alterazione del normale ciclo dell’acqua che in passato era molto più statico rispetto al presente. Fino a poco tempo fa, dopo mesi di accumulazione in formato solito, con l’avvento di temperature più miti l’acqua si scioglieva e scorreva verso valle rimpinguando miriadi di corsi d’acqua più o meno grandi. Adesso, invece, la fase di accumulo invernale si assottiglia sempre di più, lasciando poco margine alle comunità montane e riducendo sempre di più il grande ruolo che le “torri d’acqua” ricoprono come riserve idriche a valle. Ciò ha degli impatti significativi su tutto l’ecosistema montano. Infatti, mentre l’uomo può essere relativamente in grado di adattarsi al tasso di cambiamento a valle associato allo scioglimento dei ghiacciai, in molte situazioni è improbabile che la risposta degli ecosistemi sia adeguata. In conseguenza di ciò, non è inverosimile un’alterazione seria della qualità della vita per molti animali, nonché uno spostamento delle popolazioni di fauna terrestre e acquatica, in particolare delle specie adattate alle condizioni glaciali. A tal proposito, si faccia riferimento alle numerose specie di pesci che dimorano nei fiumi montani abituati ad una temperatura rigida dell’acqua. In conseguenza all’aumento del calore nell’acqua, non è escluso che molti di questi pesci possano non adattarsi alle mutate condizioni ambientali congeniali alla loro esistenza[2].
Pur essendo l’uomo più strutturato e pronto a reagire alle modifiche drastiche degli ecosistemi rispetto agli altri animali, non si può fare a meno di notare i grandi disagi che l’erosione dei ghiacciai sta già causando a milioni di persone. La variazione del quantitativo idrico verso valle a seguito dello scioglimento innaturale dei ghiacciai provoca danni sotto vari profili, che vanno dalla diminuita qualità dell’acqua a disposizione, all’incertezza energetica in merito alla produzione di energia idroelettrica, fino all’incertezza del quantitativo da destinare a scopi irrigui.
I. Perdita di qualità dell’acqua a seguito della progressiva erosione dei ghiacciai
Il ritiro e lo scioglimento dei ghiacciai favorisce l’erosione chimica e fisica delle rocce locali, causando un’innaturale ossidazione e, in alcuni casi, un drenaggio acido delle rocce, che può avere un impatto sull’acidità e sulla tossicità delle acque. Questo fenomeno è già in atto in alcune aree, come ad esempio nella Cordillera Blanca del Perù, in cui alcuni studiosi hanno rilevato preoccupanti casi di acidità e ossidazione nelle acque cosiddette “di fusione”[3]. Inoltre, i cambiamenti nella produzione di acqua glaciale hanno anche un impatto sulla temperatura dell’acqua stessa. Questo è un indicatore chiave della qualità della risorsa, che può tramutarsi in un conseguente aumento della vulnerabilità degli ecosistemi fluviali alpini per i quali anche piccole variazioni della temperatura dell’acqua possono rappresentare un fattore di stress importante.
L’alterazione della quantità idrica come conseguenza dell’anomalo scioglimento dei glaciers può comportare una similare perdita di qualità dei sedimenti nutritivi di cui si servono molte specie acquatiche. Infatti, alla già citata criticità associata al mutamento delle temperature per molte specie di pesci, si aggiunge un diverso e imprevedibile apporto nutritivo a seguito dell’erosione dei ghiacciai. I sedimenti, che svolgono un ruolo centrale nel governare la qualità e la disponibilità dell’acqua, possono facilmente tramutarsi in un contaminante, aumentando la torbidità e l’intasamento degli habitat di riproduzione dei pesci. Infatti, pur fornendo un importante servizio ecosistemico per le specie acquatiche e per il ciclo presente nei nutrienti, i sedimenti possono anche trasportare e accumulare elementi nocivi in grado di danneggiare permanentemente la vita e l’ecosistema fluviale dei corsi d’acqua glaciali[4].
Una ridotta qualità dell’acqua diretta verso valle ha ovviamente effetti negativi anche per gli esseri umani. L’aumento della temperatura che si verifica con lo scioglimento dei ghiacciai causa una proliferazione batterica difficile da contrastare. Le acque gelide limitano quasi del tutto la contaminazione da agenti patogeni che, inevitabilmente, infestano ogni bacino idrico. L’immissione di alti quantitativi idrici a temperature non fredde può comportare significative alterazioni per ciò che concerne l’acqua da bere. Tuttavia, mentre l’uomo può contare su alcune armi con cui affrontare questa eventualità – ricorso a impianti di depurazione delle acque o tecniche di ebollizione – le specie animali si trovano totalmente in balia degli agenti infestanti.
II. Alterazioni nella qualità e quantità dell’energia idroelettrica prodotta
Un secondo rilevante aspetto critico dello scioglimento dei ghiacciai riguarda l’incertezza nella produzione di energia idroelettrica. Quest’ultima viene prodotta in massima parte proprio nelle zone montane grazie alla presenza di cascate e dislivelli che, in virtù della forza cinetica dell’acqua che cade, consentono una produzione costante a costi relativamente ridotti. Non è affatto una coincidenza, a tal riguardo, se l’idroelettrico domina ancora incontrastato tra le fonti ecosostenibili. Virtualmente inesauribile, perlomeno fino a quando ci sarà un flusso idrico da sfruttare, l’hydro-power è una fonte energetica sicura a impatto ambientale “zero” in molte nazioni montane. Ad esempio, nel caso della Columbia Britannica, in Canada, l’energia idroelettrica è responsabile di quasi il 90% dell’elettricità della provincia, in gran parte fornita proprio dall’acqua sciolta proveniente dai ghiacciai. Anche nelle Alpi europee ed in alcune zone montane dell’Asia l’acqua glaciale gioca un ruolo fondamentale per la produzione di energia idroelettrica.
L’erosione dei ghiacciai, influendo in maniera evidente sulla quantità di acqua che scorre verso valle, rappresenta un fattore di preoccupante incertezza in merito alla produzione di energia tramite lo sfruttamento dell’acqua che scorre. Vista l’incapacità di programmare quanta acqua sarà sciolta da un anno all’altro, la produzione elettrica risente fortemente di periodi in cui si verifica una sovrapproduzione, dovuta alla presenza di molta acqua, o una crisi produttiva dovuta alla quasi totale assenza di flusso. Situazioni di questo tipo, stando a vari studi[5], sono sempre più ricorrenti negli ultimi anni, arrivando a minacciare in alcune aree – Ande cilene e versante indiano dell’Himalaya – la fornitura di elettricità per molte famiglie.
I ghiacciai contribuiscono in modo significativo alla produzione di nuovi sedimenti; nello specifico, le aree glaciali di alta montagna possono essere responsabili di flussi di sedimenti sproporzionatamente più elevati rispetto alle regioni più basse. A questo proposito, lo scioglimento incontrollato dei ghiacci comporta un ingente afflusso verso valle di materiale roccioso che si muove insieme all’acqua. Quando le grosse masse glaciali si sciolgono, molta materia segue il percorso tracciato dai corsi d’acqua montana. Questo fenomeno può favorire il cosiddetto interrimento degli invasi; si tratta di una delle maggiori problematiche nella gestione degli invasi artificiali, siano essi ad uso energetico o irriguo. Il progressivo accumulo di sedimenti riduce la capacità dell’invaso e può limitare la sua funzionalità, sino a precluderla totalmente. Risulta pertanto necessario che la sedimentazione negli invasi sia controllata e limitata, per non rischiare di perdere risorse di elevato interesse economico ed ambientale e danneggiare le infrastrutture idriche responsabili della produzione di energia idroelettrica.
Occorre sottolineare che l’erosione idrica del suolo è un fenomeno del tutto naturale, parte dei processi morfogenetici che determinano l’evoluzione del paesaggio, ed in quanto tale ineliminabile. Tuttavia, tale processo, qualora non venisse tenuto sotto controllo, potrebbe arrecare gravi danni e accelerare l’usura degli impianti. La deposizione dell’elevato contenuto solido rappresentato dai sedimenti ha un’incidenza diretta, oltre che sulla capacità di invaso del bacino, sulla manutenzione, sul costo e sull’efficacia delle opere idrauliche e dei dispositivi meccanici dei serbatoi artificiali. L’accumulo di sedimenti incrementa le sollecitazioni sul “corpo diga” e può determinare anche problemi nella stabilità della struttura. L’interrimento può inoltre generare problematiche anche serie sui corsi d’acqua affluenti ed effluenti, nonché sulla qualità delle acque stesse e dei relativi ecosistemi.
III. Incertezza sui flussi di acqua glaciale da destinare a scopi irrigui
La terza importante criticità relativa all’erosione dei ghiacciai riguarda la fornitura idrica destinata all’agricoltura. In molte regioni montane si assiste alla transizione da precipitazioni a prevalenza nevosa a precipitazioni a prevalenza pluviale. Questo importante cambiamento può portare a un aumento a breve termine della portata, soprattutto nei periodi invernali o monsonici, ma anche ad una minore capacità di stoccaggio per tamponare la riduzione della portata nei periodi più secchi. Inoltre, i cambiamenti nella tempistica dell’inizio e dei picchi di fusione non sempre coincidono con i picchi di domanda. In virtù di ciò, il fenomeno dei melting glaciers influisce in maniera evidente sulla quantità di risorsa idrica destinata alla produzione agricola. L’acqua sciolta dai ghiacciai e dalla neve, infatti, è una fonte cruciale per l’irrigazione in regioni come le Ande e l’Asia meridionale. Nell’Himalaya, catena montuosa indispensabile per l’approvvigionamento idrico di miliardi di persone, i ghiacciai stanno fondendo rapidamente con un tasso di perdita di massa ghiacciata definito “eccezionale” da molti esperti[6]. Per contestualizzare tale perdita in dati concreti, i ricercatori stimano che siano scomparsi tra i 390 e i 586 chilometri cubi di ghiaccio, ovvero quanto presente oggi su Alpi centrali, Caucaso e Scandinavia messi insieme. Si tratta di una quantità enorme che a sua volta ha contribuito, per via dello scioglimento, ad alzare il livello del mare nel mondo tra 0,92 mm e 1,38 mm.
Con oltre 900 milioni di abitanti, i bacini fluviali sud-asiatici dell’Indo, del Gange e del Brahmaputra sono tra le aree più densamente popolate del mondo. L’approvvigionamento idrico di queste aree dipende in larga misura dallo scioglimento dei ghiacciai e delle nevi dell’Himalaya. L’acqua sciolta viene utilizzata per l’irrigazione delle colture e fornisce agli agricoltori acqua sufficiente nei periodi di siccità e di precipitazioni minime. Sebbene vi sia un consenso generale sul fatto che i volumi di ghiaccio e neve siano fondamentali per l’approvvigionamento idrico dei bacini fluviali dell’Asia meridionale, fino a poco tempo fa non era ancora chiaro quante persone e quanti campi irrigati dipendessero effettivamente da questa fonte. Recentemente, alcuni studi hanno dimostrato che circa 129 milioni di agricoltori irrigano (massicciamente o in parte) le loro terre utilizzando l’acqua proveniente dalla neve e dai ghiacciai delle montagne. L’acqua sciolta, da sola, fornisce le risorse idriche sufficienti a coltivare derrate alimentari per sostenere una dieta equilibrata per diverse decine di milioni di persone. Variazioni sulla quantità di acqua a disposizione degli agricoltori asiatici può comportare danni imprevedibili per l’approvvigionamento idrico e per la produzione di cibo per moltissime famiglie.
Soluzioni a breve e lungo termine per contrastare gli effetti negativi dello scioglimento dei ghiacciai
La soluzione migliore per contrastare lo scioglimento dei ghiacciai sarebbe quella di interrompere l’innalzamento delle temperature, ovvero risolvere in maniera positiva una volta per tutte l’annosa questione del cambiamento climatico. In attesa di giungere ad un simile e auspicato traguardo, è opportuno individuare alcune strategie che possano interrompere, o quantomeno ostacolare, la progressiva erosione delle “torri d’acqua”. Allo stato attuale, esistono alcuni rimedi proposti dai ricercatori e dagli esperti per cercare di limitare quanto più possibile gli impatti che i melting glaciers hanno sugli ecosistemi e sulle comunità umane.
Un primo rimedio a breve termine consisterebbe nella creazione di numerose stupe di ghiaccio. Si tratta di una particolare tecnica per creare dei ghiacciai artificiali, allo scopo di combattere la scarsità d’acqua soprattutto dell’area himalayana. La particolarità di queste strutture artificiali è quella di immagazzinare l’acqua di fusione, proveniente dai nevai formatisi nel periodo invernale (che altrimenti non sarebbe utilizzata), sotto forma di accumuli di ghiaccio a forma conica. Durante le stagioni calde, quando l’acqua scarseggia, la stupa di ghiaccio si scioglie lentamente in modo naturale, aumentando la disponibilità di approvvigionamento idrico per le popolazioni a valle. Inventato da Sonam Wangchuk nel Ladakh (India) nell’ambito del progetto gestito dall’ONG Students’ Educational and Cultural Movement of Ladakh, questo strumento è quanto di più simile al meccanismo dello scioglimento naturale dei ghiacci che si verifica nelle stagioni calde.
Un secondo rimedio a breve termine sarebbe quello di creare un’entità sovrastatale che assicuri la ridotta disponibilità idrica per tutte le popolazioni a valle del ghiacciaio. Vista l’importanza che le “torri d’acqua” ricoprono nella fornitura idrica durante le stagioni più calde, sarebbe auspicabile che esse diventino patrimonio disponibile di tutti gli esseri umani e non di alcune nazioni specifiche. Per evitare che l’accaparramento dei melting glaciers diventi una sfida geopolitica tra Paesi che, loro malgrado, si trovano a condividere frontiere montane in comune, sarebbe opportuno istituire quanto prima un’autorità internazionale dotata di poteri effettivi in grado di limitare le pretese di governi aggressivi. Questo vale per tutte le grandi catene montuose, dall’Himalaya alle Ande, passando per le Alpi e il Caucaso.
Un terzo rimedio a breve termine consisterebbe nell’adottareun approccio multidisciplinare per ciò che concerne gli studi su questo tema. La multidisciplinarietà potrebbe facilitare la comprensione su più livelli ed accrescere l’urgenza dei decisori pubblici nell’elaborazione di nuove strategie. A questo proposito, una delle priorità più importanti per la ricerca futura in questo campo è una migliore integrazione delle scienze sociali e di altre scienze fisiche con la ricerca glaciologica, in modo che i risultati trascendano le discipline e possano generare più facilmente un impatto. Le questioni legate all’acqua e, in particolare, per quanto riguarda la complessa questione dei melting glaciers, sono molto complesse. In virtù di ciò, è opportuno affrontarle da una prospettiva interdisciplinare e transdisciplinare, anche attraverso la generazione di serie di dati che superino i tradizionali confini disciplinari e l’applicazione di metodologie che sintetizzino i dati quantitativi e qualitativi in modo significativo.
Anche nel medio-lungo periodo si potrebbe elaborare una serie di misure per limitare gli effetti negativi dello scioglimento dei ghiacci. Ad esempio, una volta riconosciuto nel cambiamento climatico la causa primaria della progressiva erosione delle “torri d’acqua”, sarebbe auspicabile modificare in maniera drastica e repentina le tecniche con cui produciamo energia allo scopo di far abbassare nel tempo le temperature. L’utilizzo di combustibili fossili, responsabili in gran parte dell’eccessiva produzione di anidride carbonica, dovrebbe essere ridotto tramite strategie globali condivise da tutti i principali attori protagonisti della scena politica internazionale. Per far questo, ad esempio, si potrebbe incentivare la produzione di elettricità tramite lo sfruttamento delle fonti rinnovabili o fare affidamento sull’energia nucleare, potente strumento a nostra disposizione in grado di generare altissimi quantitativi di elettricità con emissioni di CO2 praticamente nulle. La tecnica della fusione nucleare, nello specifico, garantisce una manipolazione dell’atomo in grado di soddisfare le esigenze energetiche più esose a fronte della produzione di limitate scorie, a differenza, ad esempio, della tecnica della fissione nucleare. Un’obiezione a questa misura potrebbe essere relativa alle tempistiche, visto che per poter fare affidamento sulla fusione occorrerà aspettare ancora qualche decennio di sviluppi tecnici ed ingegneristici. Nondimeno, visti i grandi vantaggi che questa tecnica è in grado di offrire sotto vari profili, sarebbe oltremodo utile iniziare a programmare – come in parte si sta già facendo in alcune zone del mondo – il progressivo abbandono dei combustibili fossili in ottica di una produzione energetica più ecosostenibile.
Un secondo rimedio a lungo termine potrebbe essere quello di limitare quanto più possibile la costruzione di mega dighe o grandi centrali idroelettriche che operano nei corsi d’acqua montani. Come abbiamo visto in questo report, uno dei problemi principali dello scioglimento dei ghiacci risiede nel trasporto verso valle di sedimenti e materiale roccioso che, nel tempo, può arrecare grossi danni alle strutture idriche, soprattutto se di grosse dimensioni. Una possibile soluzione potrebbe essere la costruzione di invasi, centrali e dighe più piccole ma più numerose disseminate lungo tutto il percorso del fiume montano. Strutture più ridotte generano meno elettricità ma sono più facilmente soggette ad una rapida e corretta manutenzione, oltre ad avere un minor impatto economico in fase di realizzazione, e ambientale, dal momento che una diga più piccola genera meno disagi nell’ecosistema presso cui si trova ad operare. In virtù di ciò, la diffusione del cosiddetto mini-idroelettrico potrebbe garantire uno sfruttamento più saggio e accorto dei corsi d’acqua di montagna, sempre più in sofferenza a causa del preoccupante assottigliamento delle riserve idriche glaciali.
Infine, per contrastare la ridotta affluenza di acqua proveniente dai glaciers sarebbe augurabile cercare di ridurre quanto possibile l’utilizzo di risorse idriche a valle. Con un minor apporto proveniente dai ghiacciai è impensabile continuare ad attingere come se niente fosse da parte delle comunità stanziate lungo il corso dei fiumi glaciali. Sono molte le strategie che potrebbero essere adottate sotto questo profilo. Si potrebbe, ad esempio, introdurre delle colture che necessitano di poca acqua per svilupparsi. In Asia è fortemente diffusa la coltivazione del riso, alimento che ha bisogno di ingenti quantitativi di risorsa idrica. Apparirebbe saggio inserire anche altri alimenti decisamente più resistenti alla siccità e meno bisognosi di acqua come il frumento duro, l’orzo o l’avena. Ancora, potrebbe essere utile introdurre delle tecniche di irrigazione in cui gli sprechi d’acqua sono minimi, come ad esempio l’irrigazione a goccia o la Central Pivot Irrigation.
Bibliografia
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- Clason C., et. al., Contribution of glaciers to water, energy and food security in mountain regions: current perspectives and future priorities, in “Annuals of Glaciology”, pp. 1 – 7, 2023.
- Ford J. D., et. al., The resilience of indigenous peoples to environmental change, in “One Earth”, Vol. 2 N. 6, pp. 532 – 543, 2020.
- Hugonnet R., et. al., Accelerated global glacier mass loss in the early twenty-first century, in “Nature”, Vol. 592, pp. 726 – 731, 2021.
- Laurent L., et. al., The impact of climate change and glacier mass loss on the hydrology in the Mont-Blanc massif, in “Scientific Reports”, Vol. 10, pp. 1 – 11, 2020.
- Santofimia E., López-Pamo E., Palomino E.J., González-Toril E. and Aguilera A., Acid rock drainage in Nevado Pastoruri Glacier area (Huascarán National Park, Perú): hydrochemical and mineralogical characterization and associated environmental implications, in “Environmental Science and Pollution Research”, Vol. 24, pp. 25243 – 25259, 2017.
[1] R. Hugonnet, et. al, Accelerated global glacier mass loss in the early twenty-first century, in “Nature”, Vol. 592, pp. 726 – 731, 2021.
[2] S. Cauvy-Fraunié and O. Dangles, A global synthesis of biodiversity responses to glacier retreat, in “Nature Ecology & Evolution”, Vol. 3, pp. 1675 – 1685, 2019.
[3] E. Santofimia, E. López-Pamo, E.J. Palomino, E. González-Toril and A. Aguilera, Acid rock drainage in Nevado Pastoruri Glacier area (Huascarán National Park, Perú): hydrochemical and mineralogical characterization and associated environmental implications, in “Environmental Science and Pollution Research”, Vol. 24, pp. 25243 – 25259, 2017.
[4] C. Clason et. al., Contribution of glaciers to water, energy and food security in mountain regions: current perspectives and future priorities, in “Annuals of Glaciology”, pp. 1 – 7, 2023.
[5] J.D. Ford, et. al., The resilience of indigenous peoples to environmental change, in “One Earth”, Vol. 2 N. 6, pp. 532 – 543, 2020.
[6] L. Laurent et. al., The impact of climate change and glacier mass loss on the hydrology in the Mont-Blanc massif, in “Scientific Reports”, Vol. 10, pp. 1 – 11, 2020.