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Il Grand Inga Dam Project: fattibilità e controversie

Gennaio 30, 2022

* L’immagine di copertina di questo paper è stata presa dal sito di Wikipedia, alla sezione Wikimedia consultabile al seguente link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Inga003.jpg.

Nel continente africano, ed in particolar modo nell’Africa sub-sahariana, nonostante un’abbondante disposizione di materie prime, si riscontrano ancora molti problemi relativi alla produzione di energia elettrica. Quest’ultima, soprattutto, viene spesso a mancare in molti Stati in via di sviluppo, i quali non riescono ancora a fornire ai propri cittadini un servizio che oggigiorno appare sempre più fondamentale. Questa situazione è destinata inevitabilmente a cambiare nel corso del prossimo futuro, dal momento che molte nazioni africane hanno investito in maniera profusa nella realizzazione di infrastrutture ed impianti in grado di generare corrente per uso sia domestico sia industriale. Uno dei metodi più utilizzati è lo sfruttamento dei fiumi per produrre energia idroelettrica. Numerosi sono i casi che possono essere citati sotto questo profilo. Su tutti, si pensi alla grande diga che il governo etiope sta costruendo dal 2011 sul Nilo Azzurro. La Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), con un costo stimato di circa 4.8 miliardi di dollari e una potenza installata di 6.45 Gigawatt, una volta completata sarà la più grande centrale idroelettrica in Africa, nonché la settima al mondo. Questa grande opera consentirà a molti milioni di Etiopi di avere un accesso continuativo all’elettricità; inoltre, il governo di Addis Abeba sarà in grado di esportare e vendere il surplus energetico prodotto dalla diga a diversi Paesi situati nell’Africa orientale.

Il GERD non è l’unico mega progetto idroelettrico presente nel continente. Un altro significativo progetto di sviluppo finalizzato alla produzione di energia elettrica tramite lo sfruttamento dei corsi d’acqua riguarda le cascate Inga del fiume Congo. Quest’ultimo è un fiume veramente enorme, secondo per lunghezza solo al Nilo[1] ma con una portata d’acqua media decisamente più massiccia (41.800 m³/s contro i 2.830 m³/s del Nilo). Le cascate Inga, in particolare, sono per portata media tre le più grandi cascate al mondo, con più di 42.000 m³/s.

Fig. 1: Una porzione delle cascate Inga
Fig. 2: Cascate Inga viste dal basso

Attualmente esistono due grandi dighe su questo imponente “tuffo d’acqua”, inaugurate rispettivamente nel 1972 e nel 1982. Tuttavia, a causa di mancata manutenzione e ammodernamento, operano a regime molto ridotto, ovvero circa al 40% delle loro effettive capacità (700 Megawatt prodotti in totale annualmente). Il governo della Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha più volte affrontato il problema della riabilitazione delle due dighe esistenti senza però trovare una soluzione definitiva che producesse dei risultati affidabili.

Un modo per porre rimedio a questa situazione sarebbe quello di riqualificare le dighe già esistenti e di aggiungere altre infrastrutture in modo da aumentare notevolmente l’energia prodotta. Si tratta del Grand Inga Dam Project, un colossale progetto dal costo stimato pari a 80 miliardi di dollari che prevedrebbe la realizzazione di altre sei dighe sulle cascate Inga da aggiungersi alle due già esistenti. Secondo varie stime, una volta portate effettivamente a compimento le dighe sarebbero in grado di generare tra i 40 e i 50 Gigawatt di energia idroelettrica. Per comprendere con esattezza l’enorme mole di energia che si mira a produrre si tengano presenti i numeri. La diga di Itaipú, che è situata al confine tra Paraguay e Brasile ed è la più grande infrastruttura idroelettrica del mondo, ha una capacità energetica di 14 Gigawatt. La diga delle Tre Gole, situata sul Fiume Azzurro, nella provincia di Hubei in Cina, è la seconda infrastruttura idroelettrica su scala mondiale ma ha una capacità energetica maggiore della diga di Itaipù, pari a circa 22.5 Gigawatt. Ebbene, secondo i piani di sviluppo relativi al Grand Inga Dam Project, il complesso di dighe da realizzare sul fiume Congo avrebbe la capacità di generare più energia delle due più rilevanti infrastrutture idroelettriche attualmente operative congiuntamente.

Fig. 3: Diga di Itaipú
Fig. 4: Diga delle Tre Gole

I benefici stimati del Grand Inga Dam Project

Una volta portato a compimento, di questo gigantesco progetto di sviluppo idrico beneficerebbe non solo la RDC, da sempre affetta da significativi problemi di produzione di elettricità, ma anche tutta l’Africa meridionale. Secondo vari studi, un adeguato sfruttamento delle cascate Inga potrebbe garantire il soddisfacimento di circa il 35/40% dell’intero fabbisogno energetico dell’Africa sub-sahariana[2]. Si tratterebbe dunque di un’infrastruttura a dir poco strategica per l’intero continente, molto di più rispetto alla pur strategicamente rilevante GERD etiope. Infatti, mentre la diga progettata sul Nilo Azzurro avrebbe un impatto benefico soprattutto nel Corno d’Africa[3], il Grand Inga Dam Project avrebbe tutt’altro tipo di risonanza. A tal proposito preme segnalare che alcune nazioni africane si sono dimostrate molto interessate alla realizzazione delle dighe sulle cascate congolesi. Nigeria e Sudafrica hanno già dichiarato di volersi assicurare parte dell’energia prodotta dietro pagamento di un corrispettivo economico alla Repubblica Democratica del Congo.

In base ad uno studio di fattibilità condotto dall’azienda canadese AECUM e dalla Électricité de France (EDF) tra il 2011 e il 2013, il progetto dovrebbe essere costruito in sei differenti step. Non si prevede la chiusura del fiume Congo o la creazione di tunnel sotterranei che altererebbero in maniera permanente l’ecosistema del fiume e del suo bacino idrografico. Al contrario, secondo gli analisti francesi e canadesi sarebbe sufficiente creare un massiccio bacino artificiale parallelo al corso del Congo da cui attingere l’acqua per la cosiddetta “Inga 3”, ovvero la prima delle sei grandi dighe da costruire. L’Inga 3 singolarmente genererebbe circa 4.800 Megawatt di energia, pari a circa i due terzi della GERD etiope. Nelle ulteriori fasi di sviluppo si prevede inoltre di inondare la Valle del Bundi; ciò creerà un’immensa riserva artificiale che fungerà da deposito idrico per le numerose centrali idroelettriche che saranno costruite in tutto il complesso.

Anche da un punto di vista occupazionale si riscontrerebbero degli effetti benefici rilevanti. Al momento è impossibile quantificare l’esatto numero di persone che sarebbero impiegate nella realizzazione di questa grande opera; tuttavia, si pensa che i lavoratori assunti in vari settori si potrebbero attestare tra le 80.000 e le 100.000 unità. Insomma, si ha in programma di arruolare un vero e proprio “esercito” composto da operai, tecnici, ingegneri ed analisti che impatterà in maniera positiva tutta la regione. Ciò contribuirà a portare benessere e stabilità in Congo e in Africa sub-sahariana. La presenza di un lavoro stabile e retribuito per decine di migliaia di persone, con il conseguente volano positivo relativo alle attività commerciali, ricettizie e alberghiere, garantirà un ritorno economico non indifferente anche per gli imprenditori africani non direttamente connessi con il Grand Inga Dam Project.

Le criticità del Grand Inga Dam Project

A fronte degli indubbi benefici che un progetto di tale impatto apporterebbe a tutta l’Africa sub-sahariana, sono presenti anche delle notevoli criticità che fanno sorgere più di qualche dubbio sulla sua effettiva fattibilità. Innanzitutto, il massiccio esborso economico. Ottanta miliardi di dollari sono una cifra estremamente rilevante, soprattutto in un contesto come quello africano dove talvolta la trasparenza e la corretta gestione dei bilanci spesso lascia a desiderare. Non è una coincidenza, infatti, che varie istituzioni di spessore, dopo aver inizialmente appoggiato il progetto, si siano ritirate. È il caso, ad esempio, della Banca Mondiale, ritiratasi nel 2016 come finanziatore del progetto a causa di una presunta mancanza di trasparenza e supposte interferenze da parte di alte istanze della Repubblica Democratica del Congo. Anche per quanto riguarda alcune delle aziende coinvolte nella realizzazione dei lavori si sono verificati degli inaspettati passi indietro. In questo caso si è trattato del gruppo spagnolo Actividades de Construcción y Servicios (ACS). La società iberica era stata selezionata insieme ad un altro gruppo di aziende cinesi per costruire l’Inga 3, la prima infrastruttura del complesso, che inizialmente doveva costare 11 miliardi di dollari. In base ad uno studio di fattibilità presentato nel 2020, i costi per la diga erano lievitati di circa 3 miliardi, fino ad arrivare a 14. In seguito a ciò, la ACS ha fatto un passo indietro ritirandosi di fatto dal gruppo di aziende coinvolte.

In secondo luogo, sempre relativamente all’aspetto economico, sorgono dei grossi dubbi in merito ad ipotesi di indebitamento da parte della RDC. Negli anni Settanta e Ottanta per costruire Inga 1 e 2 e inseguire grandiosi piani di sviluppo, il governo dell’allora presidente Mobutu si era fortemente indebitato con la Comunità Internazionale. La Repubblica Democratica del Congo (allora denominata Zaire) entrò in una seria crisi debitoria che ha comportato per molto tempo aggiustamenti strutturali, tra cui taglio della spesa pubblica e mancato investimento nello sviluppo sociale. Inoltre, come accennato in precedenza, tutto ciò fu realizzato invano, dal momento che in anni recenti la performance energetica delle due dighe ha lasciato molto a desiderare. Questo è dovuto al fatto che la costruzione di grandi infrastrutture idriche è solo il primo step. Vi è un costante bisogno di manutenzione e ammodernamento per poter far funzionare le dighe al meglio, vista la complessità operativa ed ingegneristica che le contraddistingue. Non basta dunque un iniziale esborso economico spesso condito da atteggiamenti propagandistici da parte delle leadership al potere. Vista la già sperimentata difficoltà da parte del Congo nella gestione di infrastrutture strategiche, vi è un forte rischio che il Paese possa entusiasticamente lanciarsi in una nuova avventura senza disporre delle necessarie garanzie gestionali.

In terzo luogo, non è da sottovalutare la minaccia relativa ad una possibile riduzione di sovranità nazionale che potrebbe verificarsi per le autorità congolesi. Tra i Paesi maggiormente coinvolti nella realizzazione del Grand Inga Dam Project c’è la Cina, attore internazionale di primissimo rilievo che già da qualche anno ha messo gli occhi sul Congo e sulle importanti riserve naturali che lo contraddistinguono. Ci riferiamo in particolare all’interessamento da parte di Pechino per le terre rare e il coltan, il cosiddetto “oro grigio” di cui è molto fornita la RDC. A seguito della rivoluzione verde inaugurata da Xi Jinping, a partire dal 2012 si è verificato in tutta la Cina un esponenziale aumento di veicoli elettrici. Le batterie di questi mezzi di trasporto poco inquinanti sono in gran parte costituite proprio dal coltan. Da qui il grande interessamento dei Cinesi verso il Congo, importante esportatore di questo minerale. A seguito del ritiro da parte sia della Banca Mondiale sia dell’azienda spagnola ACS dal progetto idraulico in questione, la Cina ha acquisito un ruolo preponderante rispetto ad altri “contendenti”. Si pensi infatti che un consorzio di sei società cinesi[4] ha una partecipazione del 75% nella realizzazione del progetto. Il restante 25% è detenuto da un’altra azienda spagnola, la AEE Power Holdings. Stando così le cose e vista la pervicace presenza di Pechino non solo nel Paese ma in tutto il continente africano, non è errato porsi delle domande in merito al pericolo di un’eccessiva ingerenza cinese negli affari interni di Kinshasa.

Infine, anche da un punto di vista ambientale persistono notevoli dubbi in merito alla costruzione di un’infrastruttura così imponente. Generalmente, queste mega dighe hanno un impatto massiccio su intere regioni ed ecosistemi, dal momento che ne alterano sensibilmente l’idrografia e l’orografia. Nel caso del Grand Inga Dam Project tali timori risultano persino ingigantiti dall’oggettiva mole gargantuesca che lo contraddistingue. Secondo Trusha Reddy, un’attivista che lavora per l’associazione WoMin Africa, il progetto è destinato ad avere effetti molto dannosi per tutta la regione. La creazione di bacini artificiali tramite l’inondazione di intere valli, come quella del Bundi, ad esempio, altererebbe in maniera irreversibile e con effetti non pronosticabili una larga porzione del Congo occidentale. In aggiunta, decine di migliaia di persone sarebbero costrette ad abbandonare per sempre le proprie case. Molti dei villaggi della zona interessata erano già stati sfollati al tempo della costruzione delle prime due dighe sul fiume Congo: Inga 1 (nel 1972) e Inga 2 (1982). A quei tempi gli sfollati ricevettero poco o nulla per compensare le case e la terra che fu loro sottratta. Comunità che vivevano di agricoltura e di pesca sono rapidamente precipitate nella cosiddetta development-induced poverty, ovvero nella “povertà indotta dallo sviluppo”[5]. A ben vedere, questa condizione dovrebbe essere un ossimoro, dal momento che lo sviluppo economico ed infrastrutturale ha come colonna portante la creazione di ricchezza e la diffusione di benessere. Tuttavia, non sempre ciò si verifica, soprattutto se si ha a che fare con la realizzazione di mega dighe che impattano sensibilmente su territori e comunità. Proprio a tal proposito, stando all’analisi di Rudo Sanyanga, direttrice di International Rivers, il complesso provvederà a modificare il corso del fiume Congo. Quest’ultimo aveva già subìto un’alterazione di circa il 30% ai tempi della costruzione delle dighe Inga 1 e 2. Le nuove infrastrutture potrebbero portare questa percentuale al 70%, con conseguenti effetti significativi che potranno essere verificati solo a posteriori.

Conclusione

Come tutti i grandi progetti infrastrutturali, il Grand Inga Dam Project ha degli aspetti positivi e delle criticità rilevanti. Tuttavia, a nostro avviso gli elementi negativi che contraddistinguerebbero la realizzazione di un complesso idrico di tale portata non possono essere tenuti in secondo piano poiché potrebbero superare di gran lunga gli elementi positivi. Questo non significa che la produzione di enormi quantità di energia idroelettrica o la creazione di decine se non centinaia di migliaia di posti di lavoro vada taciuta, anzi. Lo sviluppo energetico e la circolazione di denaro tramite stipendi certi e consumi potrebbero certamente contribuire a migliorare in maniera sensibile l’economia di interi territori dell’Africa sub-sahariana. Nondimeno, quando si ha a che fare con strutture di tale portata che hanno un grosso impatto su regioni ed ecosistemi sembrerebbe opportuno adottare una certa pacatezza nel considerare troppo positivamente alcuni aspetti.

Tra i vari dubbi che circondano il Grand Inga Dam Project vi è quello relativo all’aspetto teleologico. Ciò che sembra particolarmente pericoloso in questa vicenda riguarda i motivi che spingono la RDC e le numerose aziende coinvolte a costruire ben sei grandi dighe in prossimità delle cascate con la portata d’acqua maggiore al mondo. Una delle finalità principali da parte di Kinshasa è di vendere parte dell’energia prodotta ad altre nazioni africane. Ebbene, è proprio qui il problema principale. Si ha in programma di costruire questo gigantesco complesso (anche) per finalità commerciali e finanziarie. Se non fosse presente questo aspetto molto probabilmente la portata stessa dell’Inga Project sarebbe ridotta. Si tenga presente che anche per ciò che concerne la GERD etiope l’aspetto relativo alla vendita di energia prodotta dalla diga è rilevante. Paesi come Uganda, Ruanda e Tanzania hanno già dato il loro assenso all’acquisto dell’energia in surplus prodotta dalla grande opera in costruzione sul Nilo Azzurro. Dunque, non è infrequente che si facciano accordi tra Stati volti alla condivisone di energia dietro pagamento di un corrispettivo. Si tratta di una situazione non negativa, dal momento che lo scambio di energia può favorire pace e stabilità in zone del continente soggette a tensioni di vario genere. Tuttavia, appare opportuno che la vendita di energia a Paesi più o meno limitrofi che ne hanno un effettivo bisogno assuma un ruolo non di primaria importanza, per non impostare la costruzione degli impianti e la realizzazione dei progetti con sole finalità commerciali. In conseguenza di ciò, dunque, si avrebbe la concreta possibilità di elaborare strutture enormi che servono non solo a produrre energia pulita ma anche, e soprattutto, per potenziare le entrate di risorse nelle casse statali.

Il timore di un simile epilogo è quanto mai concreto. Dunque, la domanda che sarebbe opportuno porsi è la seguente: qual è l’effettivo scopo del Grand Inga Dam Project? Generare energia pulita che sia in grado di provvedere allo sviluppo infrastrutturale e sociale del Congo? O realizzare un complesso infrastrutturale gigantesco ed estremamente impattante allo scopo di accrescere le rendite finanziarie di Kinshasa e altre aziende? Non sono questioni di poco conto, soprattutto quando si prevede di deviare il corso di fiumi, inondare intere valli ed espropriare decine di migliaia di proprietà private. In sostanza, “ne deve valere la pena”. Non per la leadership al potere o per una ristretta cerchia di aziende multinazionali, ma per la collettività che risiede in quei luoghi e che subirebbe le conseguenze più pesanti in seguito all’effettiva realizzazione del complesso di dighe.


[1] Il Nilo, dove peraltro si sta costruendo l’altro grande progetto idrico africano, ha una lunghezza di 6.853 chilometri mentre il fiume Congo si attesta sui 4.374 chilometri. Tuttavia, nonostante sia più corto di circa 2.500 chilometri, il Congo ha una portata d’acqua notevolmente maggiore.

[2] https://www.globalconstructionreview.com/democratic-republic-co8n8g8o-seeks-professionals/.

[3] Nonché un impatto molto negativo in Egitto, vista la significativa riduzione del volume idrico che la GERD causerebbe verso nord.

[4] Tra cui anche l’azienda che gestisce la Diga delle tre Gole.

[5]https://www.terraterraonline.org/blog/inga-3-una-mega-diga-sul-fiume-congo-fara-decine-di-migliaia-di-sfollati/.

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