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L’umidità dell’aria come fonte strategica per la produzione di acqua

Settembre 5, 2023

* L’immagine di copertina di questo paper è stata presa dal seguente link: https://www.wallpaperflare.com/united-states-middleburg-trees-heat-sweat-fog-humidity-wallpaper-emyax

Che l’acqua costituisca una preziosissima risorsa universale è una realtà incontrovertibile. Ciò che non riveste ancora un carattere di universalità è invece la percezione di tale valore, che varia in funzione inversa alla scarsità del cosiddetto “oro blu”. Su questo concetto essenziale il Centro di Studi Idrostrategici AB AQUA insiste, con lo scopo di diffondere maggiormente la consapevolezza che in un crescente numero di aree del mondo l’indisponibilità di acqua in quantità e qualità sufficiente per la vita e lo sviluppo dei popoli che vi risiedono sta assumendo una dimensione obiettivamente drammatica. 

Il tema è certamente all’attenzione della Comunità Internazionale che, attraverso incontri, analisi, conferenze e accordi lavora all’individuazione di soluzioni possibili, nel contesto di un più generale impegno a favore della conservazione dell’ambiente. È tuttavia importante che di fronte ai grandi fenomeni di degradazione ambientale che caratterizzano l’attualità, dallo scioglimento dei ghiacciai all’avanzare incessante delle aree desertiche, dalla difficoltà di garantire i prodotti agricoli all’innalzamento del livello del mare, ciascuno che ne abbia la possibilità rifletta e agisca. In tale contesto è necessario sottolineare con forza che la carenza d’acqua è una tematica centrale. Secondo i dati del World Water Forum, una persona su nove non ha accesso all’acqua potabile sicura e si valuta che entro il 2050 quasi la metà della popolazione mondiale soffrirà di carenza di acqua, sia a causa del cambiamento climatico che dell’incremento demografico globale. In definitiva, se non si risolve il problema dell’acqua in via prioritaria, appare difficile raggiungere soluzioni sulle altre questioni che preoccupano l’umanità, inclusi i conflitti che, molto spesso, proprio dalla scarsità d’acqua scaturiscono.

Oltre allo studio delle dinamiche di idro-diplomazia, nel contesto delle relazioni internazionali, AB AQUA segue alcuni filoni di indagine e di impegno sullo specifico aspetto del contributo alla ricerca di soluzioni per aumentare la disponibilità di acqua nelle regioni in cui essa scarseggia. Tra questi figurano la realizzazione di pozzi, di canalizzazioni a fini agricoli, la desalinizzazione dell’acqua di mare, la realizzazione di impianti di potabilizzazione urbana, l’utilizzo di pompe idrauliche alimentate ad energia solare per l’aumento delle superfici fertili lungo i margini dei fiumi, l’estrazione dell’acqua dall’umidità dell’aria. Tale ultimo argomento è oggetto del presente elaborato.

Un affascinante fenomeno fisico

Sappiamo che l’acqua del globo è mantenuta in circolazione grazie al perenne ciclo di evaporazione e successiva condensazione: essa evapora da fiumi, laghi, mari, stagni, bacini e pozzanghere. Inoltre, traspira dal suolo, dalle foglie delle piante, dalla respirazione degli animali. Nel corso dell’evaporazione le molecole di acqua abbandonano il loro ambiente liquido per andare a mescolarsi alle altre componenti dell’aria. Questa forma assunta dalle molecole dell’acqua è definita vapore acqueo, dimensione invisibile all’occhio nudo. Il contenuto di vapore acqueo nell’atmosfera è la componente più variabile che va dall’1% al 5%.

Fig. 1: Il fenomeno dell’evaporazione atmosferica su un bacino idrico
https://www.britannica.com/video/163379/process-water-vapour-atmosphere-video

Il forte calore del sole (così come il vento) accelera evidentemente l’evaporazione dell’acqua, che viene trattenuta nell’atmosfera fino al limite di saturazione, oltre il quale l’acqua di nuovo si condensa per tornare allo stato liquido sotto forma di pioggia (o solido in caso di grandine e neve). Laddove il tasso di umidità dell’aria sia già particolarmente elevato, come, per esempio, nelle foreste tropicali, le precipitazioni piovose avvengono con alta frequenza. La quantità di acqua che si disperde nell’atmosfera in tali regioni, grazie alla presenza delle piante, è particolarmente elevata, ma in generale si valuta che l’acqua dispersa nell’atmosfera terrestre raggiunga mediamente 12/13.000 chilometri cubici.

Il limite di saturazione cresce con l’aumento della temperatura dell’aria: più una massa d’aria è calda, maggiore sarà la capacità di vapore acqueo che essa potrà contenere. Ciò spiega anche il fenomeno dell’afa estiva e del senso di disagio che si prova in climi tropicali, dove diventa difficile raffreddare il corpo attraverso la sudorazione perché il sudore non evapora, essendo l’umidità relativa dell’aria sensibilmente più elevata.

Va notato che il ciclo idrologico costituisce anche un sistema naturale di purificazione dell’acqua, perché al momento dell’evaporazione le sostanze impure (polvere, residui vari) non passano allo stato gassoso e l’acqua che ricade sotto forma di pioggia, neve, rugiada e grandine, è in principio incontaminata. La condensazione, processo inverso dell’evaporazione, riporta l’acqua allo stato liquido. A tal riguardo, è opportuno citare un caso noto. Abbiamo tutti l’esperienza dei vetri delle finestre appannati d’inverno, in ragione del differenziale di temperatura tra l’interno e l’esterno della casa. Orbene, la possibilità di indurre l’umidità dell’aria a ritrasformarsi in acqua è uno degli elementi di studio di varie istituzioni accademiche e centri di ricerca, con l’obiettivo di permettere alle popolazioni di regioni aride di disporre del prezioso liquido, senza dovere occupare buona parte delle proprie giornate alla ricerca di fonti d’acqua lontane per l’approvvigionamento quotidiano di questa essenziale sostanza naturale.

Le sperimentazioni già in essere

Da tempo vari corsi militari di sopravvivenza insegnano come procurarsi dell’acqua, persino in zone desertiche, attraverso semplici meccanismi che sfruttando l’escursione termica tra il giorno e la notte favoriscono la condensazione del vapore acqueo contenuto nell’aria e producono acqua. Ma le più recenti criticità dovute ai visibili cambiamenti climatici hanno imposto la ricerca di soluzioni in scala maggiore che permettano almeno di ridurre gli effetti negativi delle sempre più frequenti siccità in varie aree del mondo.

In questo senso, AB AQUA considera il processo di estrazione dell’acqua dall’atmosfera di estremo interesse e ritiene che sia una pista da battere, su cui investire intelligenze e risorse economiche. I cambiamenti climatici in forte accelerazione portano infatti l’umanità a doversi adeguare a nuove condizioni di vita, specialmente nelle zone più estreme del pianeta. Nonostante gli sforzi istituzionali posti in essere a livello internazionale dai Governi (tra cui gli Accordi di Parigi sui cambiamenti climatici, le continue Conferences of Parties, il forte impegno dei vari attori della Cooperazione allo Sviluppo) si è purtroppo ancora molto lontani dalla soluzione del problema. L’acqua, in particolare, manca in tante aree del mondo e non sempre la costruzione di pozzi (pur di estrema utilità) può essere una soluzione adeguata o sufficiente. Vediamo allora alcune idee sull’estrazione dell’acqua dall’atmosfera, nate dall’intuizione e dalle conoscenze tecniche di privati o di centri di studi di vari Paesi del mondo.

1. Metodo Veiga. Durante un lungo periodo di siccità nella Spagna meridionale negli anni Novanta, l’imprenditore-ingegnere spagnolo Enrique Veiga, titolare dell’azienda Aquaer, ha maturato l’idea di estrarre acqua dall’aria, ponendosi anche come obiettivo quello di raggiungere posti come i campi profughi dove non c’è acqua potabile. In sostanza, con l’elettricità si raffredda l’aria che, a sua volta, si condensa e si trasforma in acqua (procedimento che ricorda quello degli impianti di condizionamento). Questo strumento funziona fino a 40 °C e per l’estrazione dell’acqua è sufficiente un’umidità dell’aria compresa tra il 10 e il 15%, il che permette di ottenere acqua anche nelle zone più desertiche del mondo. Il risultato è piuttosto sorprendente: si pensi che la macchina, in base alle sue dimensioni, può produrre dai 75 litri al giorno (la più piccola) ai 5.000 litri (la più grande). È evidente che, essendo necessaria l’elettricità per il raffreddamento dell’aria, il passo successivo è costituito dall’impiego di pannelli solari, utili anche per la riduzione dell’impatto sull’ambiente e utilizzabili nelle zone più estreme del globo. Varie comunità della Namibia e un campo profughi del Libano utilizzano già con successo il progetto di Veiga.

Fig. 3: Enrique Veiga, ideatore del cosiddetto “Metodo Veiga”
https://aquaer.com/it/news/

2. Un altro progetto di interesse estremo è stato realizzato negli Stati Uniti, dai ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e dell’Università della California Berkeley , i quali hanno sviluppato un meccanismo in grado di estrarre l’acqua dall’aria anche in condizioni di bassa umidità (intorno al 10%) e, soprattutto, senza consumo di energia elettrica. Tali vantaggi, fanno sì che il congegno possa essere usato anche in aree desertiche, tenuto conto che i dispositivi tradizionali non sono in grado di estrarre l’acqua quando l’umidità dell’aria è inferiore al 50% e che richiedono un elevato consumo energetico. I test si sono svolti a maggio 2017 nella città di Tempe, in Arizona, e i risultati dell’esperimento sono stati recentemente pubblicati su Nature.

L’aspetto più importante di questo dispositivo riguarda l’utilizzo di una struttura metallica-organica, il MOF (Metal-Organic Framework), costituita da molecole che creano una superficie estremamente porosa. Il MOF può essere realizzato utilizzando diversi materiali, tra cui alcuni particolarmente idrofili e in grado di attrarre facilmente l’acqua presente nell’aria, anche se in quantità ridotta.

Fig. 4: Immagine estremamente piccola di un MOF
https://it.wikipedia.org/wiki/Metal_organic_frameworks

Al variare del materiale organico utilizzato, è possibile modificare la dimensione dei pori che tratterranno il liquido, mentre il tipo di metallo utilizzato incide sul tipo di fluido che verrà attratto dalla struttura. Questo significa che è possibile personalizzare il MOF in modo da adattarlo in base all’utilizzo che se ne vuole fare; al momento sono in fase di test oltre 30 diverse varianti di MOF, alcune delle quali hanno anche il potere di trattenere gas pericolosi.

Il MOF utilizzato nell’esperimento ha lo scopo di attrarre l’acqua. Nel corso del test è stato verificato che il materiale non interferisce con le proprietà del liquido e non comporta alcun rischio di contaminazione. L’acqua viene assorbita durante la notte e al mattino i raggi solari favoriscono la condensazione del liquido trattenuto, permettendo di raccoglierlo facilmente. Comprensibilmente, è al momento in corso una ricerca per cercare di rendere sempre più efficiente il sistema, in modo da migliorare il rapporto di acqua trattenuta in relazione al volume del MOF. Le applicazioni pratiche di questa scoperta sono innumerevoli, ma lo scopo principale è quello di realizzare dei sistemi in grado di permettere la rapida estrazione dell’acqua nelle principali aree desertiche del mondo, al fine di aiutare le popolazioni costrette a vivere in condizioni di continua carenza di risorse idriche.

Successivamente, i ricercatori del MIT hanno migliorato il dispositivo perfezionando un macchinario in grado di ricavare acqua potabile a partire dall’aria, anche nelle regioni aride, usando solo l’energia solare. Ciò grazie alla sostituzione del MOF con una specie di “spugna cristallina” minerale, che sfrutta la differenza di temperatura per consentire al materiale adsorbente di raccogliere il liquido sulla propria superficie e di catturare umidità durante la notte. Quando, il giorno successivo, la luce solare riscalda il materiale, la differenza di temperatura fa sì che le goccioline assorbite vengano rilasciate e si condensino su un piatto di raccolta.

3. Esiste un altro interessante dispositivo, ideato dagli architetti italiani Arturo Vittori e Andreas Vogler, che si chiama  Warka Water e sfrutta ugualmente il principio della condensazione dell’acqua presente nell’aria, ma avvalendosi dell’escursione termica giorno-notte. È, ovviamente, di dimensioni molto maggiori rispetto ai sistemi utilizzati in operazioni militari, cui si è fatto cenno sopra, poiché esso è piuttosto voluminoso, alto una decina di metri e pesante più di 50 chili. Per le sue caratteristiche è certamente di grande utilità in zone anche desertiche, con particolare riguardo alle assolate regioni africane.

Il Warka Water cattura rugiada, nebbia e minuscole particelle di umidità, trasformandole in acqua potabile, attraverso il telaio di bambù e una sottostruttura di poliestere. L’acqua raccolta  si accumula sulla rete e, gocciolando in un imbuto, si accumula in un serbatoio. Il Warka – il cui nome deriva da una parola etiope che vuol dire “grande albero di fico” –  è stato realizzato per la prima volta proprio sul territorio etiope, grazie al sostegno della Cooperazione Italiana, con una capacità di produzione fino a 100 litri di acqua dolce al giorno e un costo tra i 500 e i 1000 dollari. La struttura si è dimostrata efficace per venire incontro alle esigenze delle popolazioni rurali che, fino a quel momento, trovavano difficoltà enormi nel procurarsi acqua pulita, necessaria per uso potabile e per fini igienici.

4. Altrettanto degno di grande attenzione è il Meccanismo di raffreddamento Peltier. Quando esso viene alimentato, il lato caldo inizia a diventare più caldo e il lato freddo più freddo, raggiungendo così la temperatura del punto di rugiada. Il lato freddo del dispositivo termoelettrico inizia a raffreddare l’aria che passa attraverso una zona dotata di un dissipatore di calore (o ventola) ed i vapori d’acqua iniziano a condensarsi . Si produce, di fatto, una sensibile differenza di temperatura – che raggiunge un massimo di 67 gradi Centigradi (152,5 Fahrenheit) – in grado di fare condensare l’umidità presente nell’aria. Questa condensa, si forma sulla superficie esterna di un cono di alluminio collegato al lato più freddo dell’elemento, generando così gocce d’acqua che possono essere raccolte.

5. E’ già stato collaudato ed è operativo in Namibia, presso una scuola, un meccanismo brevettato in Svizzera, denominato Water Service Provider di SEAS. L’impianto, presentato anche a Expo Milano nel 2015, prevede l’ottenimento di acqua dall’umidità dall’aria grazie a un sistema di filtro a 30°C. L’acqua prodotta viene poi mineralizzata ed è pronta da bere. Il Water Service Provider installato in Namibia produce fino a 2.500 litri di acqua potabile al giorno, ma esistono macchinari di diversa potenza, in grado di fornire acqua in quantità differenziata, che va da 250 a 10.000 litri giornalieri. I motori dei Water Service Provider sono elettrici e sfruttano fonti rinnovabili per l’alimentazione, come pannelli fotovoltaici, impianti eolici, in base ai vari contesti in cui essi vengono installati. L’utilità di tale tipologia di impianto è subito evidente. Nel caso citato della Namibia, per esempio, usufruiscono di acqua potabile circa 600 studenti della scuola, ma anche oltre 3000 persone  residenti nel villaggio di Opuwo (regione di Kunene). Il dispositivo Water Service Provider è replicabile in tutte le aree aride dove la mancanza di acqua costituisce un serio problema. E per questa ragione ha destato l’interesse anche dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (in particolare dell’UNIDO, che si occupa di sviluppo industriale) che vede con favore la moltiplicazione di impianti per poter fornire acqua pulita e potabile a migliaia di persone in zone aride del mondo.

6. Il macchinario, chiamato Kumulus-1, è un AWG, o Atmospheric Water Generator, generatore di acqua atmosferica, può produrre dai 20 ai 30 a litri di acqua potabile ogni giorno. Fisicamente, non ingombra più di un metro cubo e può essere alimentato ad energia solare. Prodotto dalla start-up Kumulus, il dispositivo, che trasforma l’umidità dell’aria in acqua potabile, si basa sul principio della rugiada mattutina. In sostanza, l’aria carica di umidità viene catturata dalla macchina che la condensa. È un principio piuttosto semplice, la cui utilità presenta però degli effetti di assoluta importanza. Anche in questo caso, il meccanismo è stato sperimentato presso una scuola, in un villaggio tunisino (Al Baidha) al confine con l’Algeria, in una zona particolarmente arida, dove è stato altresì constatato che la possibilità di fornire acqua pulita e potabile in una scuola ha prodotto anche una sensibile diminuzione di malattie derivanti da acque inquinate.

Conclusioni

In Europa, negli Stati Uniti e in molti altri Paesi del mondo, è sufficiente aprire un rubinetto per riempire un bicchiere d’acqua, o aprirne un altro per sentire l’acqua scorrere sul proprio corpo facendo una doccia. Ma non abbiamo tutti coscienza che l’acqua potabile e pulita è un vero lusso. E benché le Nazioni Unite ricordino che l’acqua potabile costituisce un diritto per tutti, dobbiamo constatare che più di due miliardi di esseri umani non vi hanno accesso. E purtroppo anche gli animali trovano sempre meno pascoli sufficienti per la crescente carenza di acqua e l’agricoltura è messa in una situazione davvero critica in molte regioni del mondo. Il Centro Studi Idrostrategici AB AQUA presta particolare attenzione a tale rilevante aspetto. In questo scritto abbiamo voluto presentare alcuni progetti di grande interesse innovativo, talvolta già sperimentati con successo. Ma sono tantissime le energie che si stanno mettendo in moto per affrontare l’emergenza della carenza di acqua potabile. Se si collegassero e si condividessero informazioni, sicuramente si potenzierebbero e diverrebbero più efficienti e fruibili.  La nuova frontiera della possibilità di ricavare acqua dall’aria, infatti, è legata a un’idea che potrebbe rivoluzionare l’accesso all’acqua potabile e che costituisce una vera speranza per tutte le regioni del mondo dove l’oro blu è più oro che altrove.

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